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Tragedia di Racale, l’ultimo saluto a Teresa e il pensiero dell’ex marito

Il suono delle campane ha squarciato il silenzio del corteo che ha accompagnato il feretro di Teresa Sommario per la celebrazione del funerale.
Sul sagrato e all’interno della Chiesa di San Giorgio Martire amici, conoscenti, persone che hanno voluto rivolgere un ultimo saluto a “una sorella, un’amica, una zia”… tragicamente strappata alla vita, in un caldo pomeriggio di giugno.
Una persona che ogni giorno si svegliava con la voglia di fare il meglio. Che aveva l’amore da donare e la pazienza da insegnare.” È il ricordo commosso di un’amica, in una lettera letta sul presbiterio durante il funerale celebrato dal parroco, don Pasquale Fabbiano.
Ma in chiesa non ci sono solo amici e conoscenti. In prima fila, accanto all’ex marito Daniele, ai figli gemelli e ai parenti, ci sono anche il sindaco Antonio Salsetti e il prefetto di Lecce, Domenico Natalino Manno. Due presenze che testimoniano la vicinanza di un’intera comunità.
Una comunità che si è stretta attorno alla famiglia, con tristezza e incredulità. E con la speranza che l’affetto e il sostegno possano alleviare almeno un po’ un dolore profondo che toglie il fiato e le parole, lasciando spazio al silenzio.
Tra gli abbracci, gli sguardi pieni di cordoglio, e i volti segnati dalle lacrime, una signora si fa spazio. Si avvicina e posa un mazzo di fiori sotto la bara. Un gesto semplice, genuino, ma carico di amore e affetto.
Proprio come Teresa Sommario – ricordano gli amici – “che aveva occhi capaci di guardare oltre… e un sorriso che era una casa sempre aperta.”
La morte di Teresa è un grido che ci chiama tutti a riflettere”, dice ancora l’amica. “Non deve restare solo una pagina di cronaca, ma diventare un monito che ci costringe a svegliarci.”
Durante l’omelia, anche il parroco ha lanciato un appello. Un invito a cercarsi, a non restare soli per non scivolare in solitudini e sconfitte.
A chiudere la celebrazione esequiale, il saluto straziante dell’ex marito, Daniele Manni. Un addio che risuona anche fuori dalla chiesa, dove tante persone hanno seguito il funerale, non riuscendo a trovare posto all’interno.
Un applauso spontaneo ha accompagnato l’uscita del feretro dalla chiesa. È l’abbraccio della comunità di Racale a Teresa. Una comunità che ha raccolto l’invito degli amici, le parole della lettera di addio: “Occorre stringersi, guardarsi negli occhi, ed essere uniti nell’umano che ci accomuna.”

L’addio dell’ex marito
I sensi di colpa mi stanno uccidendo. In queste ore ho ripercorso tutta la storia dall’inizio e sto raggiungendo una consapevolezza: che con Teresa è stata una bella storia. Ci sono stati momenti facili e difficili. Divergenza sicuramente, ma come genitori c’è stata una convergenza: abbiamo sempre cercato di trasmettere ai ragazzi l’amore e il rispetto per le persone, sempre. Pure il rispetto per le cose. E allora lo dico adesso, Giacomo, Matteo, e lo dirò anche a Filippo. Io non cambierò approccio, metodo. Cercherò di trasmettere gli stessi valori e il rispetto che vi ha insegnato la mamma, e lo dico qui davanti a tutti e a Dio. Non riesco a capire. Dovrà venire qualcuno a spiegarmelo.
Io penso che Teresa abbia perdonato Filippo, perché una mamma sono sicuro che perdona.

 

L’addio dell’amica

Occorre stringersi, guardarsi negli occhi ed essere uniti nell’umano che ci accomuna.
Aveva occhi che sapevano vedere oltre e il suo sorriso una casa sempre aperta. Era una principessa che non aveva castelli né corone. Aveva l’amore da donare e la pazienza da insegnare. Era una principessa semplice, eppure aveva qualcosa di raro. Una saggezza che non pretende, è una guida sicura. Ogni giorno si svegliava con la voglia di fare il meglio. Non era perfetta, ma gli errori non lo sono. Sapeva essere madre, sorella, zia e amica.

È un grido che ci chiama tutti a riflettere.
Non ha sbagliato a porre delle regole, a dire di no e chiedere rispetto. Abbiamo i figli che ora cresceranno senza una madre. Chiamati a giocare un’altra partita, quella del girone della rabbia e del perdono. Noi come comunità dobbiamo imparare a proteggerli e accompagnarli.

Non lasciamo che la tua morte resti una pagina di cronaca, ma che diventi un grido che costringa a svegliarci.

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