RACALE – Era il 26 giugno del 2024 quando Filippo Manni, intervistato da un giornalista Rai, commentò l’accoltellamento commesso da un giovane di 24 anni, suo compaesano, nei confronti della fidanzata. Per quell’episodio, nei giorni scorsi, è stato condannato Giuseppe Proce a 9 anni e 11 mesi di reclusione. Parole quelle che pronunciò Filippo un anno fa che oggi, con tragica ironia, tornano alla mente per il tremendo fatto di sangue che lo vede coinvolto.
Il 21enne, è stato fermato dai Carabinieri con l’accusa di aver ucciso la madre, Teresa Sommario. Secondo una prima ricostruzione, tra madre e figlio sarebbe scoppiato un violento litigio per futili motivi. Si è parlato anche di tensioni legate a questioni avvenute nei giorni precedenti per il danneggiamento di un auto di famiglia, riconsegnata poche ore prima dal carrozziere che aveva effettuato la riparazione. L’arma del delitto sarebbe una piccola accetta da scout, appartenente al fratello minore, 17enne, anche lui membro di un gruppo scout. Sarebbe stata impugnata da Filippo al culmine della discussione con la madre.
Il giovane, studente di Economia a Roma, era rientrato in Salento da circa tre settimane per trascorrere l’estate e partecipare alla festa patronale di San Sebastiano. Negli ultimi giorni aveva iniziato un lavoro stagionale come bagnino presso uno stabilimento balneare della zona.
Descritto da chi lo conosceva come un ragazzo tranquillo e riservato, Filippo era appassionato di musica: suonava la chitarra e di recente aveva espresso il desiderio di lasciare l’università per iscriversi al Conservatorio. Una scelta che, secondo indiscrezioni, avrebbe creato tensioni in famiglia.
L’omicidio si sarebbe consumato poco dopo che il padre, Daniele Manni – assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Racale – lo aveva riaccompagnato a casa. Poi, la lite, e infine l’atroce gesto.