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Cineclub: Giugno tra alieni, magnati eccentrici e follie d’autore

Cineclub: Locandine de "Lilo & Stitch", "La trama Fenicia" e "Dogville".

CINEMA – Benvenuti gentili e soprattutto curiosi lettori di TeleRama, al consueto appuntamento settimanale con Cineclub, dove i protagonisti assoluti sono le uscite più attese nel mondo del cinema.

Cineclub: il ritorno dell’iconico duo d’animazione

Cominciamo i nostri consigli settimanali introducendovi il ritorno sul grande schermo del live action di una delle storie Disney più amate dal pubblico della Gen Z, con Lilo e Stitch di Dean Fleischer Camp. Il celebre esperimento 626 Stitch è un alieno dal manto blu, simile ad un incrocio “carino” tra un koala e un cane, che è stato creato da uno scienziato malvagio per essere una macchina da guerra, capace di conquistare mondi. Atterrato erroneamente sul nostro pianeta, durante una rocambolesca fuga dal suo creatore, sarà scambiato dalla bambina hawaiiana Lilo proprio per un cane e quindi adottato da lei sotto forma di animale domestico. Capendo che l’amore di una famiglia è molto più soddisfacente del caos, il piccolo alieno farà di tutto per proteggere ciò a cui tiene maggiormente.

Una visione imperdibile per chi è cresciuto con questo improbabile duo che, sicuramente, saprà fare facilmente breccia anche nei cuori delle nuove generazioni. Il film sta racimolando consensi in tutto il mondo e qui in Italia ha raggiunto lo straordinario risultato di più di 10 milioni di incasso in un settimana di proiezione.

Il nuovo delirio del regista Texano

Adesso passiamo ad uno dei protagonisti dell’ultima edizione del Festival di Cannes, parlandovi del pastisse di generi La trama fenicia di Wes Anderson. Il noto cineasta, conosciuto internazionalmente per aver impresso alla sua filmografia delle cifre stilistiche e contenutistiche ben precise come le simmetrie centrali, l’assenza di veri e propri antagonisti e, invece, la presenza di famiglie complesse, torna a raccontare una storia delirante e, ovviamente, ricca di un cast d’eccezione composto da: Benicio del toro, Mia Threapleton, Michael Cera, Tom Hanks, Bryan Cranston, Scarlett Johansson, Jeffrey Wright e Benedict Cumberbatch, Willem Dafoe e Bill Murray. L’incipit è abbastanza semplice e descrive il disperato tentativo di Zsa-Zsa Korda, magnate sopravvissuto a sei incidenti aerei, di riallacciare il rapporto con la figlia, sua unica erede riconosciuta che, nel frattempo, ha deciso di diventare suora. Il loro riavvicinamento avverrà mentre il padre sarà alle prese con l’ennesimo delirante progetto industriale.

La trama fenicia è il nuovo “more of the same” del regista o, finalmente, il lavoro con cui sarà capace di far ricredere chi, negli anni, si è stancato dei suoi film?

Una follia d’autore che ha fatto scuola

E concludiamo i nostri consigli settimanali, anticipandovi il ritorno nelle sale i nostri consigli con il ritorno sul grande schermo del capolavoro avanguardista del 2003 Dogville di Lars Von Trier. Il lungometraggio venne presentato alla 69esima edizione del festival di Cannes e segnò la rottura definitiva del cineasta con il movimento cinematografico Dogma 95, fondato da lui stesso e il collega Thomas Vinterberg. Con questo dramma oscuro, la ricerca realistica che aveva definito il suo cinema viene abbandonata completamente per favorire e approfondire, invece, un discorso metacinematografico che si pone di abbattere letteralmente e metaforicamente i muri tra il mondo del teatro e quello del cinema: infatti la scenografia è un’esagerazione del minimalismo, essendo ridotta alla semplice pianta cittadina e ad alcuni arredamenti interni delle case. Protagonista assoluta è la cittadina che dà il titolo al film, ovvero il villaggio delle Montagne Rocciose Dogville. In questo luogo, abitato da persone all’apparenza per bene e amichevoli, troverà rifugio una donna di nome Grace, in fuga da alcuni gangsters. Inizialmente la sua permanenza sarà vissuta positivamente dalla comunità ma, con il passare del tempo gli uomini, le donne e addirittura i bambini di Dogville cominceranno a sfogare su di lei delle violenze sempre più perverse.

Un’allegoria feroce sul fallimento della carità cristiana e in definitiva un’opera dalla complicata digestione che, ai tempi divise la critica e fece giurare alla sua attrice protagonista Nicole Kidman di non lavorare mai più con il regista Lars Von Trier.

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