BRINDISI – La decisione di Eni di abbandonare la chimica di base in Italia sta generando forti preoccupazioni, soprattutto per il futuro occupazionale di Brindisi. Secondo la Cgil, il piano di dismissione degli impianti petrolchimici, tra cui quello brindisino, rappresenta un grave rischio per l’intero settore industriale nazionale e per migliaia di lavoratori.
L’organizzazione sindacale denuncia che Eni, attraverso la sua controllata Versalis, sta progressivamente chiudendo impianti strategici senza garantire una reale riconversione industriale. La chiusura del cracking di Brindisi ha già provocato una riduzione significativa delle attività lavorative, con conseguenze dirette sulle aziende dell’indotto e sui contratti dei lavoratori.
Secondo la Cgil, il governo italiano è complice di questa dismissione, avallando un piano che rischia di compromettere il futuro industriale del Paese. Il sindacato sottolinea che la chimica di base è considerata strategica a livello europeo, mentre in Italia si sta procedendo alla sua eliminazione senza un piano alternativo credibile. La chiusura degli impianti di Brindisi e Priolo (Siracusa) potrebbe avere un effetto domino su tutta la filiera petrolchimica, mettendo a rischio oltre 220mila posti di lavoro.
La Cgil chiede al governo di intervenire per fermare la dismissione e garantire un futuro alla chimica di base, proponendo anche la possibilità di affidare gli impianti a produttori internazionali che considerano il settore strategico. Nel frattempo, il sindacato ha annunciato mobilitazioni e presidi per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla gravità della situazione.
La crisi della chimica di base a Brindisi rappresenta un nodo cruciale per il futuro industriale della città e dell’intero Paese.