LECCE – E’ trascorso un anno e mezzo dalla morte di Giulia Cecchettin, la studentessa di 22 anni uccisa per mano del suo ex fidanzato Filippo Turetta. Una drammatica vicenda che ha scosso le nostre coscienze.
Giulia ora rivive nelle parole nei gesti di papà Gino, un uomo dilaniato dalla sofferenza ma che ha attraversato il dolore per cercare di trasmettere amore. Per evitare che non ci siano più altre donne vittime di violenza. Il suo libro “Cara Giulia” diventa una sorta di manifesto per giungere ad un’alleanza tra uomo e donna.
Gino Cecchettin ha risposto serenamente alle domande poste dagli studenti del liceo Classico Palmieri di Lecce. Riconoscere i segnali sbagliati che preludono a un amore tossico è fondamentale: controllo del cellulare, il divieto di uscire con le amiche, subdole manipolazioni quotidiane. Il partner, dunque, cerca di controllare ogni aspetto della vita dell’altro, dalle amicizie al lavoro, impendendogli di avere la propria autonomia.
La logica del possesso, figlia di una cultura maschilista, deve lasciare spazio al rispetto, all’ascolto, al dialogo. Al vero amore, insomma, capace di estirpare pericolose radici culturali, di annientare il modello maschile imperante, soprattutto qualche decennio fa. Occorre cambiare prospettiva, cambiare mentalità. Offrire un altro spartito, un altro orizzonte.
“Amare vuol dire donare se stessi senza pretendere nulla in cambio”. Ecco, bisogna ripartire da qui, dalle parole di Gino Cecchettin, per instillare gocce d’amore nel mare magnum di violenza nel quale rischiamo di essere inghiottiti.