Dai riti di affiliazione nei ristoranti alle porte della città, alla gestione occulta dei parcheggi nei lidi della costa adriatica, passando per infiltrazioni nell’economia legale e la presenza di “talpe” nelle stanze della giustizia: sono alcuni dei segreti svelati dalle dichiarazioni del pentito Christian Stella, 30enne leccese arrestato nei due recenti blitz antimafia condotti da polizia e guardia di finanza. Le sue rivelazioni, messe a verbale nelle scorse settimane sono finite a corredo dell’avviso di conclusione delle indagini su una delle operazioni più vaste degli ultimi anni contro la Scu.
Il collaboratore di giustizia, trasferito in località segreta, ha delineato ruoli, rituali e dinamiche interne dell’organizzazione, affermando di essere affiliato a Marco Penza, rivestendo la quarta dote, con un rituale avvenuto in un noto ristorante dell’hinterland leccese, alla presenza di altre persone che in quella circostanza hanno avuto un rialzo di dote, ovvero, di ruolo. Lo stesso ristorante fungeva anche da base operativa per riunioni riservate, scambi di denaro e movimentazione di stupefacente. Stella racconta la sua scalata, iniziata all’età di 15 anni, lavorando come affiliato di Gioele Greco. Rilevanti le rivelazioni sull’esistenza di una talpa vicina agli ambienti giudiziari che avrebbe informato il clan dell’esecuzione dei blitz, facendo riferimento a un informatore legato alla cancelleria. Dal carcere, poi, avrebbe continuato ad avere contatti con l’esterno tramite cellulare. Tra gli affari illeciti del clan raccontati da Stella, anche la gestione dei parcheggi di alcuni lidi di San Foca e Roca e il monopolio di una ditta di Matino per la gestione degli oli esausti. I proventi delle attività illecite, venivano poi reinvestiti in attività di ristorazione e non solo. Ha raccontato, infatti di un negozio di integratori riconducibile a Vito Penza che impartiva ordini tramite video chiamata dal carcere e che sottobanco avrebbe venduto anabolizzanti. Le dichiarazioni di Christian Stella, ad oggi, hanno delineato il quadro della criminalità organizzata nel Salento, dalle piazze di spaccio a quelle di rifornimento, con le somme che venivano corrisposte mensilmente anche da affiliati ai clan rivali per “lavorare” senza pestarsi i piedi, in una sorta di connivenza.
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