LECCE – Una lettera indirizzata alla Procura della Repubblica, al Presidente del Tribunale di Sorveglianza e alla Garante delle persone private della libertà personale: un grido d’allarme nero su bianco, sottoscritto da 29 detenuti ubicati nel reparto infermieria della casa circondariale di Lecce. Un appello a monitorare quanto sta accadendo e che fa il paio con l’allarme sovraffollamento carceri e penuria di agenti penitenziari che sta scuotendo tutta Italia.
La missiva dei detenuti leccesi inizia con il rievocare gli ultimi tre decessi che si sono verificati proprio nel reparto sotto accusa: “vite – chiosano – che forse potevano essere salvate”.
“Il problema più serio e imminente – si legge ancora – riguarda proprio la salute e la mancanza di cure adeguate. L’assenza nel reparto di telecamere di videosorveglianza danneggia noi e gli agenti, così come la mancanza di citofoni e campanelli. Se siamo ristretti nel reparto infermieria è perchè stiamo male – incalzano – il punto è che non ci resta che sperare che il compagno di cella ci senta e gridi aiuto, considerando che dalle 18 alle 7 del mattino c’è un solo agente di turno per due sezioni.
E poi ancora “le visite mediche non vengono effettuate ma nel diario clinico sono refertate, i farmaci che ci vengono prescritti dobbiamo aspettarli per giorni, il presidio medico infermieristico previsto h24 non esiste, c’è solo un medico per 1.300 detenuti”. A testimonianza di quanto detto c’è un passaggio su uno degli ultimi decessi in reparto: ” quandò si sentì male -scrivono- gli infermieri erano impegnati a somministrare le terapie nel reparto femminile, a praticargli il massaggio cardiaco fu l’agente di sezione”. Parlano infine di un focolaio di tubercolosi ad oggi ancora in atto a Borgo San Nicola. “Ad ora – si legge – sono stati accertati 12 casi, soltanto 20 giorni dopo il primo sono stati effettuati tutti i prelievi per poi avere le mascherine per evitare il contagio, che ha interessato anche due agenti”.
Alla luce di tutto questo, i detenuti chiedono una verifica formale di quanto denunciato, invocando una carcerazione dignitosa.