Sono di sangue, le tracce riscontrate sull’auto di don Nicola D’Onghia, il sacerdote 54enne indagato a Bari per omicidio stradale e omissione di soccorso per la morte della 32enne Fabiana Chiarappa, rugbista e soccorritrice del 118, avvenuta il 2 aprile scorso. Lo dimostrano i primi risultati degli accertamenti sulla Fiat Bravo del prete nei giorni successivi all’incidente. Ora resta da appurare se quel sangue appartenga alla 32enne, ma soprattutto se l’eventuale impatto con l’auto del sacerdote abbia causato il decesso della giovane, o se invece fosse già morta. Secondo quanto ricostruito finora, la sera dell’incidente mortale Chiarappa era in sella alla sua moto Suzuki sulla provinciale 172 fra Turi e Putignano quando, per cause ancora da chiarire, avrebbe perso il controllo del mezzo e sarebbe finita fuori strada, colpendo anche un muretto a secco.
Spetta alla pm Ileana Ramundo, che coordina le indagini dei carabinieri, capire – anche grazie ai risultati dell’autopsia, che verranno depositati tra oltre un mese – la causa della morte, se lo schianto contro il muretto o il successivo impatto con l’auto.
Don D’Onghia ha raccontato agli inquirenti che quella sera, mentre percorreva la provinciale, avvertì un rumore provenire dal pianale della propria auto (“come se avessi colpito una pietra”) ma di non essersi accorto né della moto né della donna, anche a causa del buio. Poco dopo aver sentito il rumore si fermò in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto, prima di rimettersi al volante per tornare a casa. Il giorno seguente, appreso dell’incidente dalla stampa, dopo aver consultato i propri legali (gli avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota), decise di raccontare l’accaduto ai carabinieri.