TARANTO – Ieri Erasmo Iacovone avrebbe compiuto 73 anni. Per la città di Taranto e per il suo calcio, è ancora un simbolo indelebile, un’icona di passione, sacrificio e sogni mai dimenticati.
Il calcio ha sempre avuto una valenza speciale a Taranto, una città che vive di mare, acciaio e cuore. Ma è grazie a figure come Erasmo Iacovone che il pallone ha assunto, per i tarantini, il sapore di qualcosa di più: una forma d’identità. Iacovone non è stato soltanto un calciatore, ma un simbolo di speranza e successi, che portò a sfiorare una storica promozione in Serie A il club.
Nato il 22 marzo 1952 a Capracotta, in Molise, Erasmo Iacovone arrivò a Taranto nel 1976. Già si era fatto notare con la maglia del Mantova, ma fu in riva allo Ionio che esplose definitivamente. Attaccante elegante e potente, dotato di un tiro fulminante e di un fiuto del gol fuori dal comune, Iacovone non mise in mostra solo doti tecniche: aveva carisma e una forte leadership.
La notte del 6 febbraio 1978 segnò per sempre la sua storia e quella del calcio tarantino. Iacovone perse la vita in un tragico incidente stradale, appena venticinquenne. La sua morte scosse l’intera città: i tifosi piansero un figlio, un fratello, un campione. A distanza di quasi cinquant’anni, il suo ricordo è ancora vivido, alimentato da testimonianze, immagini d’epoca e un affetto popolare che non si è mai spento.
Erasmo Iacovone è rimasto nel cuore dei tarantini non solo per ciò che fece sul campo, ma per il modo in cui lo fece: con umiltà e dedizione. In un’epoca in cui il calcio è sempre più distante dalla sua anima popolare, la figura di Iacovone ci ricorda cosa significa davvero essere un simbolo. Tanto si era legati all’uomo, che si scelse di dedicargli lo stadio, il quale porta proprio il nome del bomber tarantino.
Ieri avrebbe spento 73 candeline, e la città ionica lo ha celebrato come sempre. Con amore, con orgoglio, e con la consapevolezza che certi legami non conoscono fine.
Alessandro Dimitri