TELERAMA – Benvenuti gentili e soprattutto curiosi lettori di TeleRama, al consueto appuntamento settimanale con Cineclub, dove i protagonisti assoluti sono le uscite più attese nel mondo del cinema.
Cominciamo i nostri consigli settimanali parlandovi del thriller d’azione “La città proibita” di Gabriele Mainetti. Il regista dei successi di critica e di pubblico “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Freaks out” torna sui grandi schermi dei cinema italiani con un’altra storia che prova a trascendere le solite produzioni del Bel Paese. Con questa nuova opera ha deciso di tessere un discorso inedito sulla città eterna, utilizzandola come parco giochi e palcoscenico ideale della ricerca disperata di una donna: la protagonista Mei, esperta di arti marziali, metterà a soqquadro la città per ricongiungersi alla sorella scomparsa. A prescindere dalla sua effettiva qualità finale, il film è da premiare per la sua originalità, definendosi come autentica ventata d’aria fresca in un clima produttivo stantio e desolante: viva i registi che osano e sognano!
Passiamo dal delirio romano al ritorno nelle sale del dramma in costume, capolavoro datato 1984, “Amadeus” del regista Miloš Forman. Un discorso sull’ossessione, l’invidia e il genio, che ha fatto la storia del cinema: il focus del regista, più che sull’autenticità storica, è dedicato alla stretta relazione conflittuale che intercorre tra rivali, anche inconsapevoli. Antonio Salieri, compositore italiano settecentesco, amava la musica ideata da Mozart in maniera viscerale. Proprio questa sua venerazione per le composizioni del genio di Salisburgo lo portarono ad odiare, con lo stesso ardore, l’uomo nascosto dietro a quelle meraviglie: agli occhi di Salieri poco più di un giullare di corte. Dio, che tutto sa e tutto può, nega all’italiano il suo desiderio d’immortalità e lo condanna ad un vita mediocre scandita da invidia e rimpianti; invece, con la stessa naturalezza, concede al suo rivale l’infinito attraverso la sublimazione dei suoi capolavori nell’ordinario. Mozart vivrà in eterno: è questa la maledizione che seguirà Salieri nell’Oltretomba.
E concludiamo i nostri consigli parlandovi di un cult degli anni 70′ che torna nelle sale in tutta la sua magnificenza vintage: signore e signori, vi presento “Taxi driver” di Martin Scorsese. Il film, thriller psicologico simbolo dell’ondata più autoriale e artistica della New Hollywood e perla riconducibile al Neo noir, è un’opera che ha influenzato visceralmente tutto ciò che è stato prodotto successivamente nel mondo dell’audiovisivo. Il racconto di Travis Bickle, di come la società l’abbia emarginato e fatto diventare un reietto dopo averlo sfruttato per la guerra del Vietnam, è l’archetipo narrativo “standard” della discesa morale dell’uomo moderno; un uomo estraneo ai suoi simili, che non accetta la liquidità dei rapporti e delle intenzioni che oramai dominano la sfera umana e che, per questo motivo, decide di aggirarla e di porsi al di sopra di essa pur di sopravvivere: l’antieroe tragico, per vincere la nevrosi, si trasforma in giustiziere e cerca di pulirsi la coscienza garantendo la libertà della prostituta minorenne Iris. Un trattato esistenzialista di pregio che ha l’enorme merito di aver lanciato le carriere di alcuni dei più importanti artisti ed interpreti del 21esimo secolo, tra cui Scorsese stesso in primis, ma anche Robert Deniro e Jodie Foster.