TARANTO – Per tutta la stagione ha corso, ha lottato, è rimasta in equilibrio sul filo sottile della salvezza. Non è mai stata ultima, mai fuori dai giochi. Poi, proprio all’ultima curva, la Gioiella Prisma Taranto è scivolata, trovandosi giù dalla Superlega. Una retrocessione amara, perché il gruppo aveva le qualità per ambire ai Play-Off, ma ha finito per inciampare nei propri limiti.
Sulla carta, la squadra era ben costruita: esperienza e talento, veterani solidi e giovani affamati. Da Lanza a Rizzo, da Zimmermann ad Alletti, passando per i prospetti più interessanti come D’Heer, Alonso, Hofer e Gironi. Il mix sembrava quello giusto per restare ai piani alti, eppure Taranto ha faticato a trovare una sua vera identità. Ogni partita era una battaglia, ma spesso senza continuità, senza quel colpo di reni necessario nei momenti decisivi. E così, giornata dopo giornata, le certezze si sono sgretolate.
Una squadra capace di infiammarsi, ma anche di raffreddarsi troppo in fretta. E quando manca il colpo del ko, le partite più importanti finiscono per sfuggire di mano.
I numeri spesso non mentono, e quelli della ricezione rossoblù parlano chiaro: troppi errori, troppi palloni che non hanno permesso di costruire un gioco efficace. Prima in ricezioni negative, ultima in quelle perfette. Quando le basi non sono solide, anche la struttura più ambiziosa rischia di crollare. E Taranto ha pagato il conto più salato.
La Superlega ha così detto addio all’unica squadra del Sud Italia, e questo è un colpo al cuore per tutta la pallavolo meridionale. Ma Taranto non si ferma qui. La società non si è ancora ufficialmente espressa ma è chiaro che c’è l’intenzione di ripartire dalla Serie A2 con un nuovo progetto, costruito per tornare protagonista. Sarà una nuova sfida, un nuovo capitolo, ma con la stessa voglia di sempre: riportare in alto il nome di Taranto e far sì che questa retrocessione sia solo una tappa nel percorso di crescita. Perché questa città, tra mille difficoltà, merita ancora di sognare in grande.
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