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Febbraio al cinema: tra drammi umani e mistero

TELERAMA – Benvenuti gentili e soprattutto curiosi lettori di TeleRama, al consueto appuntamento settimanale con Cineclub, dove i protagonisti assoluti sono le uscite più attese nel mondo del cinema.

Cominciamo i nostri consigli settimanali con un film che è stato particolarmente atteso da parte del pubblico cinefilo italiano, ovvero il drammatico “The brutalist” di Brady Corbet. A partire dalla sua prima proiezione pubblica, durante l’ultima edizione del Festival del cinema di Venezia, il terzo lavoro del regista 36enne ha attirato su di sé tantissimi elogi da parte del pubblico e della critica. Il film utilizza degli eventi storici reali per raccontare la vita di finzione dell’architetto sfuggito al campo di concentramento di Buchenwald, Laszlo Toth. L’uomo, ex studente della celebre Bauhaus, emigra negli Stati Uniti per cercare di costruirsi una vita migliore. La “terra dei sogni” li permetterà di cimentarsi con la creazione di alcuni progetti brutalisti che rielaborano il dolore vissuto sulla sua pelle durante l’olocausto. Dopo che un ricco mecenate commissionerà a Laszlo un progetto avveniristico, l’architetto capirà che ogni cosa ha un prezzo e che l’agognato “sogno americano” costa carissimo.

Continuiamo a parlare di grandi emozioni con il dramma sentimentale “We live in time – tutto il tempo che abbiamo” di John Crowley. La pellicola è stata una delle più viste a Gennaio negli Stati uniti, dove critica e pubblico ha eletto questa nuova storia d’amore come tra le più struggenti ed intense dell’anno. I protagonisti di quest’idillio umano sono i trentenni Tobias e Almut. Il racconto comincia proprio il giorno in cui i due si sono incontrati per la prima volta: quando la ragazza investì per errore Tobias mentre era in procinto di andare a consegnare i documenti del suo divorzio. Almut per farsi perdonare invita l’uomo, che crede felicemente sposato, e la moglie a cena fuori. All’appuntamento si presenta Tobias da solo che, avendo appena chiuso le pratiche del divorzio, è finalmente single e libero di amare qualcuno di nuovo. Il rapporto dei due, tra alti e bassi, li porterà a vivere una vita intensissima e soprattutto piena di amore. Un dramedy di quelli che, soprattutto nel periodo invernale, saprà riscaldare il cuore degli spettatori più smielati ed appassionati di storie di vita verosimili e realistiche. Gran merito del successo di quest’opera è attribuibile alla meravigliosa chimica tra i suoi interpreti principali, Andrew Garfield e Florence Pugh, due dei migliori attori della loro generazione.

E concludiamo parlandovi di un cult del cinema d’autore australiano che ritorna sul grande schermo in occasione dei suoi 50 anni: il capolavoro “Picnic ad Hanging Rock” di Peter Weir. Il secondo lungometraggio del regista, autore che firmerà i cult più noti “L’attimo fuggente” e “The Truman show”, è un film con il grandissimo merito di aver risollevato l’attenzione cinefila internazionale nei confronti del cinema Australiano. Infatti l’opera datata 1975 è stata ambientata e girata nei luoghi che racconta, proprio nei pressi delle rocce che titolano la pellicola: siamo nel 1900, a fine epoca Vittoriana, e il collegio femminile Appleyard decide di organizzare un picnic ai piedi del gruppo roccioso. L’allegra scampagnata, però, si trasforma in tragedia quando tre ragazze e una tutrice scompaiono nel nulla. Un dubbio si installa così nello spettatore: cosa è successo? Qual è il mistero di Hanging Rock? Tra fantasia e cruda realtà: la necessità di sapere la verità, accompagnata da una colonna sonora languida ma estremamente evocativa e ammaliante, trascinano il pubblico in una storia ermetica e capace di creare una dimensione spaziale e temporale unica nel suo genere. Imperdibile per chi non l’avesse mai visto e volesse recuperarlo.

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