TELERAMA – Benvenuti gentili e soprattutto curiosi lettori di TeleRama, al consueto appuntamento settimanale con Cineclub, dove i protagonisti assoluti sono le uscite più attese nel mondo del cinema.
Cominciamo parlandovi del film più visto dagli italiani in questi giorni, biopic dedicato al cantautore e chitarrista statunitense Bob Dylan, “A complete unknown” di James Mangold. Il lungometraggio è arrivato nelle sale ieri e racconta gli esordi musicali del cantante folk per eccellenza fino alla transizione che portò Dylan ad utilizzare apparecchiature elettriche per realizzare le sue canzoni. Il film con protagonisti i talenti generazionali Timothee Chalamet, Elle Fanning e Monica Barbaro, dopo il grandissimo successo di critica e di pubblico “Quando l’amore brucia l’anima” del 2005, è l’occasione d’oro di Mangold per raggiungere nuovamente il successo mondiale. Una biografia che decide di prendere in analisi il celebre musicista di origini polacche, dal momento in cui l’allora Robert Zimmerman arrivò a New York ricco di sogni e speranze, armato solo della sua sei corde, una voce graffiante e la necessità di farsi ascoltare, fino a quando tradì ciò che i suoi fan si aspettavano da lui: Dylan, poeta cantante anti establishment per antonomasia, abbandonò ciò che era imposto dalla tradizione identitaria del folk statunitense per attuare una rivoluzione individualistica e dal valore universale. Mai piegato, neanche per il premio Nobel, un prestigioso riconoscimento di cui fu insignito e che non ritirò personalmente, perché deliberatamente assente alla cerimonia.
Passiamo ad da una biografia luminosa e rock’nroll ad una più drammatica e cruda, ma dall’importante analisi sociale. Sto parlando dello storico “Io sono ancora qui” di Walter Salles. Il lungometraggio tratto dall’omonimo libro del giornalista e scrittore Marcelo rubens Paiva, dedicato alla storia del padre desaparecido durante la dittatura militare brasiliana che ha avuto luogo dal 1964 al 1985, ha ricevuto un’ottima accoglienza di pubblico e di critica, addirittura conquistando un Golden globe per Fernanda Torres come miglior attrice protagonista e diverse nominations di spessore, tra cui al miglior film, ai prossimi premi Oscar. 1971, questo l’anno in cui l’ex deputato del partito laburista Brasiliano Rubens Paiva è stato rapito dal governo e fatto scomparire nel nulla. La famiglia ha dovuto lottare sin dal primo istante per riuscire a far riconoscere dal governo la sparizione dell’uomo. Una storia logorante e dolorosa soprattutto per la veridicità dei fatti narrati che, ancora oggi, devasta i sopravvissuti a quel periodo di terrore.
E concludiamo i consigli settimanali con uno dei film più chiacchierati del momento da parte di critica e cinefili: alla vostra attenzione il drammatico “The brutalist” di Brady Corbet. A partire dalla dalla sua prima proiezione pubblica, durante l’ultima edizione del Festival del cinema di Venezia, il terzo lavoro del regista 36enne ha attirato su di sé tantissimi elogi da parte del pubblico e della critica. Il film utilizza degli eventi storici reali per raccontare la vita di finzione dell’architetto sfuggito al campo di concentramento di Buchenwald, Laszlo Toth. L’uomo, ex studente della celebre Bauhaus, emigra negli Stati Uniti per cercare di costruirsi una vita migliore. La “terra dei sogni” li permetterà di cimentarsi con la creazione di alcuni progetti brutalisti che rielaborano il dolore vissuto sulla sua pelle durante l’olocausto. Dopo che un ricco mecenate commissionerà a Laszlo un progetto avveniristico, l’architetto capirà che ogni cosa ha un prezzo e che l’agognato “sogno americano” costa carissimo. Un dramma che ha dominato la recente edizione dei Golden globes e che con buone probabilità si replicherà alla 97esima edizione dei premi Oscar.