LECCE – Ci sono vittorie che non sono solo numeri sul tabellone, ma battiti nel petto, brividi sulla pelle. Quella di Nardò contro Verona è una di queste. Una battaglia feroce, giocata con anima e sudore, sofferenza e carattere. Una partita che sembrava un viaggio sulle montagne russe, tra accelerazioni entusiasmanti e frenate brusche, ma sempre con lo sguardo fisso verso la meta.
Il Toro è partito a testa bassa, spingendo forte fin dall’inizio, come un pugile che vuole mettere subito alle corde l’avversario. Il primo quarto è un mix di energia e applicazione difensiva, chiuso con un meritato vantaggio di 20-17. Ma la Tezenis Verona, squadra tosta e ben organizzata, non ha mai smesso di rispondere colpo su colpo. Nel secondo quarto gli ospiti ricuciono il gap, il botta e risposta si fa serrato e il punteggio all’intervallo lungo è ancora in equilibrio: 40-38.
Poi, quando tutto sembrava complicarsi, è emersa l’anima granata. Il terzo quarto è un banco di prova durissimo: Nardò soffre la pressione avversaria e per la prima volta è costretta a rincorrere sul 54-57. Ma Mouaha è il grido di battaglia, Woodson la spada affilata, Stewart il cuore pulsante. Nell’ultimo quarto, il Toro trova energie insperate, gioca con lucidità e ribalta la partita con giocate pesanti, come la tripla di Giuri per il 62-61 e la difesa granitica di Mouaha che vale lo sfondamento di Copeland.
E alla fine, nel braccio di ferro degli ultimi secondi, quando il tempo si faceva denso e il fiato corto, il Toro ha trovato la forza per l’ultimo guizzo. Come chi, stremato, trova ancora un po’ di energia per l’ultima corsa. L’81-78 finale è un pugno sul tavolo, un urlo liberatorio, una scintilla che accende nuova speranza.
Non è solo una vittoria: è una dichiarazione d’intenti. Il Toro sa soffrire, il Toro sa vincere. E adesso, con il cuore pieno di battaglia, guarda già alla prossima sfida.
Sabato si va a Cividale.