LECCE – Una serata da dimenticare, una caduta che lascia il segno. Nardò si è presentata al Pala Asti contro Torino con il fiato corto e le idee annebbiate, concedendo agli avversari una vittoria schiacciante che si legge nei numeri: 81 a 48. Una sconfitta che non ha bisogno di molte analisi, solo di amare riflessioni.
Coach Mecacci, con la sincerità di chi sa che non ci sono scuse, ha spiegato senza mezzi termini l’amarezza di una squadra che sembra essersi persa per strada:
“Non è stata una partita. Noi non ci siamo presentati. E questo è inammissibile. Io sono arrivato da tre settimane durante le quali abbiamo lavorato facendo timidi miglioramenti, per esempio nella partita con Cantù. Stasera, però, abbiamo fatto un gigantesco passo indietro. Dico, allora, che io mi sono divertito abbastanza. Adesso non ci sono più prigionieri. Chi vuole stare a Nardò, sta a Nardò combattendo, sudando e giocando a pallacanestro. Poi, si può giocare meglio e si può giocare peggio. Si può pensare che ci mancava un americano che ha 18 di media, tutto quello che volete, ma prima di tutto c’è una dignità. Essere presi in giro da noi stessi a me non sta bene”.
Le parole del coach pesano come macigni, ma al tempo stesso suonano come una chiamata alla riscossa. È chiaro: Nardò non può più permettersi esitazioni, perché siamo già alla seconda giornata di ritorno.
“Questa squadra io faccio fatica a decifrarla. Perché andiamo a Cantù e facciamo una partita onesta, anche se la perdiamo. Qui non ci siamo presentati, non dal primo quarto, che è da illecito sportivo, ma dal riscaldamento. Il primo responsabile sicuramente sono io, ora però mi aspetto una reazione. Perché altrimenti fanno bene quelli che ci offendono dalle tribune. Almeno giocare a pallacanestro e con un minimo d’orgoglio, credo sia il minimo”.
L’appuntamento è per domani, nel turno infrasettimanale contro Avellino. Sarà il momento per rialzare la testa, ritrovare quell’orgoglio smarrito e provare a riscrivere la storia di questa stagione. Perché senza una reazione, il viaggio verso la retrocessione rischia di trasformarsi in una discesa senza freni.