BRINDISI – Questione di diritto e di riconteggi dei periodi trascorsi in carcere, dopo gli arresti ottenuti dalla Dda di Lecce ai quali sono state aggiunte le condanne passate in giudicato, a cui è stata riconosciuta continuazione. La combinazione portata al vaglio dei giudici, ha portato in libertà due brindisini ritenuti esponenti di primo piano dell’associazione di stampo mafioso Sacra Corona Unita. Il primo a essere scarcerato è stato il mesagnese Giovanni Donatiello, alias Cinquelire, qualche giorno prima di Natale. Il giorno della vigilia, è tornato a casa anche Andrea Bruno di Torre Santa Susanna.
Per Donatiello, 63 anni, difeso dall’avvocato Marcello Falcone, determinanti tre elementi: retrodatazione della condanna, espiazione della pena e scadenza termini della custodia cautelare relativa all’inchiesta della Dda che nel 2020 lo ha riportato in carcere con l’accusa di essere stato uno degli uomini della Old generation, della vecchia guardia della Sacra corona, sul versante della frangia tuturanese, assieme all’ergastolano Francesco Campana. Accusa riconosciuta dal tribunale di Brindisi che lo ha condannato a 22 anni, a fronte della richiesta a 24 anni. Secondo la Dda, Campana e Donatiello avrebbero avuto un ruolo direttivo: il primo in carcere, l’altro un volta tornato libero nel 2018, dopo essere stato in cella per 30 anni consecutivi n seguito alla condanna come mandante per l’omicidio di Antonio Antonica, avvenuto nel 1989, a Mesagne.
Andrea Bruno per effetto di uno sconto di pena di quasi 12 anni, ha lasciato il carcere di Oristano. La Corte d’appello di Lecce lo ha rimesso in libertà accogliendo l’istanza presentata dagli avvocati Cosimo Loderserto e Vito Epifani.
Bruno stava scontando la condanna a 30 anni reclusione relativa al processo scaturito dall’inchiesta chiamata Canali dal nome della contrada in cui la famiglia Bruno aveva una masseria. Le indagini sul clan torrese, ritenuto mafioso e attivo nei settori del narcotraffico sfociarono nel blitz eseguito nel 2008.
I giudici hanno riconosciuto la continuazione fra questa sentenza di condanna e quella precedente a undici anni e due mesi, a conclusione del maxi processo a carico di 28 imputati, tra i quali il fratello Ciro, ergastolano, per associazione mafiosa e traffico di droga dopo l’inchiesta risalente al 1993. In altre parole, non essendosi mai dissociato dal sodalizio, si presume abbia continuato a far parte del gruppo. La tesi dei difensori è stata condivisa dai giudici che, di conseguenza, e hanno trasmesso gli atti alla procura per rideterminare la data da cui far decorrere la condanna, riconoscendo alla fine uno sconto pari a 11 anni, 10 mesi e 15 giorni.
SDC