Politica

Fondo di Sviluppo e Coesione, dopo la firma la bufera

BARI – L’occupazione dell’aula consiliare da parte del capogruppo di Per la Puglia, Antonio Tutolo, munito di sacco a pelo per trascorrere lì anche la notte, va avanti da tre giorni ed è solo la parte più visibile della tempesta che sta scuotendo il centrosinistra pugliese. La firma dell’accordo sul Fondo di Coesione, di venerdì scorso, si è trasformata nell’ennesima bomba detonata nella maggioranza.

E nel 2024 sono anche le chat di whatsapp i luoghi in cui si manifestano le doglianze: i democratici Bruno e Di Gregorio, rispettivamente di Brindisi e Taranto sono usciti dalla chat del Pd in piena contestazione. E non solo: il dem Paolicelli ha presentato una interrogazione per capirne di più, mentre l’epidemiologo Lopalco accusa di opacità le scelte compiute. E ad affondare la lama arriva il democratico autosospeso, Mazzarano che con gli azionisti Mennea e Clemente lanciano strali al governo regionale.

Se per Tutolo la questione è proprio il finanziamento sparito per la strada 109 che nel foggiano è teatro di morte, per gli altri non è tanto la ripartizione per provincia delle risorse, quanto più il come siano state scelte.

Per Mennea Clemente e Mazzarano “non esiste una visione strategica generale, né una volontà di ridurre le reali differenze tra i vari territori”. “Sono previste – dicono – opere pubbliche calate dall’alto in ordine sparso, che assomigliano molto a vere e proprie marchette elettorali”. Poi, il punto: “perché il Consiglio regionale non è stato coinvolto prima della compilazione di quell’elenco di opere, svelato solo a cose fatte? Perché non sono stati previamente coinvolti tutti i sindaci pugliesi”. “Nonostante l’importanza storica di questa occasione – fa loro eco Pierluigi Lopalco – spiace constatare come non risulti alcuna traccia di un processo democratico aperto e trasparente. Né i consiglieri regionali né i sindaci delle comunità locali hanno ricevuto comunicazioni preventive o sono stati coinvolti nelle decisioni. Qui non si tratta di semplice svista burocratica, ma di un processo decisionale che si è svolto lontano dalle aule istituzionali”.  Getta la palla nel campo avversario, per allentare le tensioni della baruffa interna, il capogruppo del Pd Campo, che addebita la responsabilità alla “conflittualità politica” spinta dal centrodestra che ha vinto il braccio di ferro.

Fatto sta che ora lo scontro si sposterà nel Bilancio con il conseguente innalzamento delle pretese da parte dei malpancisti. Dell’argomento si proverà a parlarne in Consiglio regionale nelle prossime ore, l’alternativa è barcollare sul primo voto utile. Cosa che preoccupa, non poco, il governatore Emiliano. 

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