LECCE – “Avevo creato un’agenzia a sostegno delle cooperative con problemi finanziari, del resto mi sono laureato con una tesi proprio su questo. Era il mio lavoro con regole uguali per tutti i clienti indistintamente: per ogni contratto stipulato incassavo una percentuale dell’8%. Mi sono attenuto sempre a questa prassi”.
Ha rilasciato queste dichiarazioni spontanee, durante l’interrogatorio dinnanzi al giudice Marcello Rizzo, Antonio Baldari, commercialista 43enne leccese che mercoledì scorso è stato tratto in arresto con l’accusa di riciclaggio dei proventi illeciti incassati dal clan Pepe- Penza, il cui core business sarebbe incentrato sul traffico di stupefacenti.
Nel giorno degli interrogatori il commercialista si è avvalso della facoltà di non rispondere, pur rilasciando dichiarazioni spontanee. Con al fianco il suo legale difensore, l’avvocato Giampiero Tramacere, nei prossimi giorni chiederà di essere interrogato dalla sostituta procuratrice Giovanna Cannarile della DDA, titolare del fascicolo di inchiesta che mercoledì scorso è confluito nell’operazione congiunta di Polizia e Guardia di Finanza, con l’esecuzione di 35 misure cautelari, di cui 33 in carcere e 2 ai domiciliari.
Le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia hanno messo in luce l’organizzazione di due distinte associazioni prevalentemente dedite al traffico di di droga, che avrebbero collaborato fra loro proprio per cercare di far entrare quanti più stupefacenti possibile dalla Spagna nel Salento.
La prima organizzazione sarebbe stata capeggiata da Antonio Marco Penza di 41 anni e Santo Gagliardi di 59 anni, entrambi di Lecce e detenuti in carcere. La seconda, invece, sarebbe stata guidata da Gianluca Calabrese, di 37 anni, di Copertino, e Raffaele Capoccia, di 42 anni, di Lecce.
Il volume d’affari mensile? Circa mezzo milione di euro.
I presunti capi delle due organizzazioni, in passato affiliati a clan Scu (come Pepe-Briganti e Penza) comunicavano tra loro mediante criptofonini ma gli investigatori sono riusciti comunque a captare le conversazioni, ricostruendo gli affari illeciti e risalendo ai depositi sicuri, utilizzati per nascondere droga e contanti.
Un vero e proprio impero economico-finanziario, quello messo in piedi, anche attraverso cooperative e imprese, con la complicità – stando alle indagini – dell’ex commercialista Baldari, accusato di aver riciclare i proventi illeciti attraverso l’acquisto di locali pubblici, prevalentemente ristoranti, ma anche vetture di lusso. Garantendo anche generosi stipendi ai parenti dei soggetti detenuti e considerati coinvolti nel giro illecito.