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Brindisi – L’ex capoclan Romano: “Avevamo più di cento armi dopo il furto a Santa Chiara”

BRINDISI – Alleanza in carcere non solo per la gestione della droga e delle estorsioni, ma anche per mettere fine alla guerra in atto a Brindisi e far cessare le azioni di fuoco tra i gruppi criminali di stampo mafioso. Il collaboratore di giustizia Andrea Romano ha confermato la disponibilità di armi, tra pistole e fucili, sia nel suo gruppo che in quello che sarebbe stato guidato da Ivano Cannalire.
Le dichiarazioni del pentito sono state raccolte nell’ultima udienza del processo nato dall’inchiesta Nexsus della Dda di Lecce, celebrata davanti al tribunale di Brindisi, presieduto da Maurizio Saso. Il collegio dovrà pronunciarsi sulla posizione di sei imputati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa ed estorsioni, tentate e consumate nel periodo compreso tra il 2018 e il 2020, anche in occasione della festa in onore dei santi patroni.
Romano, collaboratore dal 18 dicembre 2020, avrebbe avuto rapporti con Ivano Cannalire sino a otto giorni prima di incontrare i pm dell’Antimafia.
“Avevamo la disponibilità di armi dopo il furto fatto a Brindisi”, ha detto rispondendo alle domande che gli sono state poste in udienza. Romano ha fatto riferimento al furto consumato nell’armeria in piazza Sapri, nel rione Santa Chiara, avvenuto nella notte del 17 agosto 2012. “Erano piu’ di cento pezzi, tra pistole e fucili e sono rimaste disponibili fino al 2018”, ha precisato dopo aver indicato i nomi di due brindisini, non imputati in questo troncone processuale, come autori materiali del colpo, uno dei quali parente di Ivano Cannalire.
Romano ha riferito al tribunale anche della richiesta di armi che Cannalire avrebbe fatto al padre, usando il telefonino cellulare di cui aveva la disponibilità mentre era detenuto in carcere. “In quella occasione chiese di procurargli, una 45 e una 9X21”, ha detto.“Io ero affianco a Cannalire, quando chiamò il padre”, ha precisato. La telefonata, stando al racconto del collaboratore, sarebbe avvenuta nella salette del carcere di Taranto, in cui i detenuti si ritrovano per svolgere alcune attività.

sdc

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