BRINDISI – Sono giorni davvero difficili per il comparto industriale brindisino. Le aziende impegnate nell’indotto della centrale di Cerano cadono come i birilli sotto i colpi di una sostanziale fermata degli interventi di manutenzione e di erogazione dei servizi.
Si tratta di centinaia di posti di lavoro che vanno in fumo. E tutto questo avviene mentre il tavolo ministeriale sulla decarbonizzazione è fermo sull’esame delle 13 proposte progettuali formulate, di cui non si conoscono tempi di attuazione, esatta dimensione occupazionale e dati certi sull’entità dell’investimento.
Un fatto gravissimo che continua a far salire la tensione nonostante il grande impegno profuso dal prefetto di Brindisi il quale sta facendo davvero di tutto per richiamare l’Enel alle proprie responsabilità, anche in termini di investimenti compensativi.
E poi c’è la possibile crisi del comparto chimico, avviata mesi fa con la decisione di Basell di chiudere uno dei due impianti dello stabilimento di Brindisi, con le prime ripercussioni occupazionali e con il rischio di dismissione definitiva dello stabilimento brindisino. E poi l’annuncio del gruppo Eni/Versalis riferito alla volontà di chiudere l’impianti di cracking, cioè il cuore del Petrolchimico di Brindisi. Certo, in questo caso si parla di nuove linee di produzione, ma i sindacati vogliono vederci chiaro e qualcosa si saprà il prossimo 21 novembre durante il confronto tra azienda e segreterie nazionali delle organizzazioni sindacali e poi il 3 dicembre nel corso del tavolo sulla chimica convocato dal Ministro per le Imprese Adolfo Urso.
Il tutto, in attesa che il tavolo sulla de carbonizzazione riprenda il suo lavoro, possibilmente scendendo un po’ più sul concreto delle semplici prospettive derivanti da investimenti ancora fermi ad una idea progettuale.