Una struttura sanitaria privata ed un medico condannati ad un maxi risarcimento per la morte di una paziente di 64 anni. Poco meno di 800 mila euro. La sentenza è stata emessa dal giudice della Prima sezione civile del Tribunale di Lecce.
La paziente da quanto accertato dai consulenti del tribunale sarebbe morta a causa di un’infezione non adeguatamente curata. Più precisamente l’infezione che ha colpito la paziente dopo 48 ore dall’intervento è da considerarsi in ogni caso una infezione del sito chirurgico correlata all’assistenza e come tale di origine nosocomiale. C’è di più. Censurate anche le dimissioni disposte senza indicare la terapia antibiotica e senza considerare e menzionare i sintomi febbrili registrati nelle ore antecedenti le dimissioni.
Il caso riguardo una struttura sanitaria, privata ma convenzionata con il Sistema sanitario nazionale. La donna fu ricoverata il 15 giugno 2015 per una cardiopatia ischemica; quattro giorni dopo fu operata e le furono applicati tre bypass. Due giorni dopo, poi, arrivò la febbre alta. La donna fu trasferita in riabilitazione cardiologica senza che fosse menzionato l’innalzamento della temperatura. Le fu somministrata una terapia antibiotica che non avrebbe sortito alcun effetto sul batterio isolato. Il 13 luglio la paziente fu dimessa senza disporre l’assunzione di antibiotici e senza alcuna menzione del rialzo febbrile. La donna morì il 19 ottobre 2015 a causa di uno “shock settico in mediastinite intervenuto nel decorso post operatorio”.