LECCE – Perchè una bambina di 8 anni, originaria del Mali, è stata sottoposta ad un intervento di infibulazione, pratica ancora diffusa in Africa ma vietata in Italia? E poi ancora: dove è stata sottoposta a questa atrocità? E che ruolo ha rivestito la famiglia in tal senso?
Sono gli interrogativi ai quali la Procura di Lecce, aprendo un fascicolo di inchiesta al momento senza nomi iscritti nel registro degli indagati, vuole trovare risposte. A coordinare le indagini è il pubblico ministero Luigi Mastroniani. In parallelo continuano anche gli approfondimenti investigativi avviati dal Tribunale dei minori che ha disposto l’allontamento della piccola e dei suoi fratellini dal nucleo familiare, trasferendo i bambini temporaneamente in una struttura protetta.
Ricoverata al Fazzi nei giorni scorsi, accompagnata dal papà per un malessere legato – a suo dire – ad una caduta fortuita mentre stava giocando, alla bambina è stata riscontrata una emorragia interna. Gli accertamenti medici hanno poi rivelato che la piccola era stata sottoposta alla pratica dell’infibulazione. Se l’emorragia sia stata la conseguenza delle precarie condizioni igieniche dell’operazione o di una violenza sessuale (che pure è stata ipotizzata ma al momento non ha alcun riscontro) resta ancora da chiarire.
Certo è che bisognerà far luce su eventuali responsabilità a monte della vicenda. Le ipotesi di reato che la Procura potrebbe avanzare sono di lesioni personali e pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili. Reato specifico, quest’ultimo, per il quale la pena prevista oscilla tra i 4 e i 12 anni di reclusione, senza considerare poi l’aggravante della minore età della vittima.