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Gallipoli, il ritorno del cianciolo: una minaccia per i mari del Salento

Nelle acque del Salento sembra essere tornata la pratica della pesca con il cianciolo, una tecnica predatoria che compromette l’habitat marino e l’economia locale. Questi sono i video che ci arrivano dal porto di Gallipoli. Il regolamento marittimo fissa regole precise, ma sono basate su una legge datata 2 ottobre 1968. Ed ecco che diversi pescatori locali sono tornati a denunce presunte irregolarità, soprattutto per quanto riguarda le imbarcazioni provenienti da fuori regione, in particolare dalla Sicilia. Queste unità, spesso non locali, operano di notte e, in molti casi, non sono dotate di sistemi di identificazione (AIS) o non risultano iscritte nei registri di controllo, rendendo difficile la loro monitorizzazione da parte delle autorità marittime. Il problema si aggrava poiché, essendo lunghe meno di 15 metri, non sono obbligate ad avere un sistema di geolocalizzazione a bordo, il che consente loro di agire al di fuori dei limiti imposti dalla legge. La Capitaneria di Porto di Gallipoli è stata sollecitata a intensificare i controlli, specialmente nelle ore notturne, quando l’ufficio circondariale marittimo chiude e il mare diventa, di fatto, una zona priva di vigilanza. Queste imbarcazioni, dotate di ecoscandagli moderni, sfruttano le secche dove il fondale è inferiore a quanto consentito dal regolamento, devastando aree di ripopolamento ittico e mettendo a rischio l’equilibrio marino. “Mentre la pesca sportiva viene spesso demonizzata, – ci dicono alcuni pescatori locali – questi pescherecci industriali rastrellano il fondale senza controllo, causando un impoverimento delle risorse marine”. Di questa situazione si era già interessato il consigliere regionale Paolo Pagliaro che nell’ottobre del 2022 aveva presentato una mozione in Consiglio regionale per l’istituzione di “zone cuscinetto” nelle aree critiche, vietando lo stazionamento dei pescherecci industriali in un raggio di 3 miglia dai punti più alti delle secche, con profondità comprese tra i 20 e i 40 metri. Questo permetterebbe di proteggere i banchi di pesce che si concentrano in queste zone per riprodursi, lasciando spazio solo alle piccole imbarcazioni da pesca che utilizzano tecniche meno invasive. Nonostante le segnalazioni e le pressioni, le risposte degli organi di controllo sono state finora insoddisfacenti. Le autorità sembrano liquidare il problema, sottolineando che le imbarcazioni coinvolte sono sotto i 15 metri e quindi non soggette a obblighi di tracciamento.

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