Metti tre sillabe che martellano, il sound brasilero, la voce strepitosa di Serena Brancale, ed ecco “Baccalà”, il pezzo-tormentone in dialetto barese cantato e ballato da tutti, grandi e bambini, in Italia e anche all’estero. Una sorpresa per la stessa artista, barese purosangue, polistrumentista, performer e compositrice con tre album all’attivo che, dopo essersi affermata nel panorama jazz, r&b e blues, ha voluto esplorare un terreno nuovo mischiando le radici pugliesi alle ritmiche brasiliane suonate al finger drumming da Dropkick. Ce lo racconta prima del concerto a Bitonto, tappa barese del suo U Baccalà Tour.
“Baccalà è stata proprio una scelta di rima e di suono: non volevo scrivere un brano dedicato ad un pesce o alle mogli che cucinano il pesce, è stata una ricerca di suoni giusti sul baile funk. Perché il pesce barese non è decisamente il baccalà, se avessi voluto avrei scritto polpo crudo, ma tu mettimi in rima polpo crudo… non è brasiliano! Baccalà – dice Serena Brancale – ha messo insieme tutto l’amore che provo per la Puglia, ma non è stato pensato come pesce tipico barese”.
E aggiunge: “Vivendo a Roma non parlo il barese, è stato più tutto il ricordo dei miei nonni, di mio padre che quando s’incazzava con mia madre parlava in barese. Il barese è molto napoletano, ritmico, per esempio il leccese è più siciliano, è più vocale”.
E alla fine, non poteva mancare un saluto a tutti i pugliesi con il ritornello del suo Baccalà: “Pinz a tutt’ I mgghier, stonn a cosc’ u baccalà”.