BRINDISI – Gianfranco aveva 38 anni, solo due in meno di Giuseppe. Entrambi, a distanza di poco meno di due settimane, hanno perso la vita a Brindisi in altrettanti incidenti sul lavoro. Un dramma inaccettabile ed è inutile che qualcuno continui a fare riferimenti ad una “fatalità” che non esiste, perché quel tetto del capannone da cui è piombato al suolo Giuseppe era in condizioni disastrose, mentre all’interno della fabbrica dove è morto Gianfranco poco tempo fa un suo collega ha praticamente perso la piena funzionalità di una mano.
Ed a questo si aggiungono i poveretti che altrove si fanno male ma che non possono neanche fare ricorso ai sanitari dell’ospedale perché lavorano a nero ed anche quelli che si infortunano per le scarse condizioni di sicurezza dettate da lavori eseguiti dai datori di lavoro in subappalti dei subappalti.
E tutto ciò avviene in un clima di rassegnazione o forse – peggio – di silenziosa complicità perché offrire lavoro ad aziende che con quello che ricavano non possono neanche pagare i lavoratori è davvero inaccettabile e richiederebbe controlli approfonditi, partendo proprio dalle stazioni appaltanti.
Poi, dopo la tragedia, i soliti e legittimi comunicati stampa di denuncia dei sindacati e di qualche coraggioso esponente politico. Per il resto, silenzio assoluto, anche da parte di chi forse ha paura a scrivere pure che prova dispiacere per la morte di un operaio. Ecco, nel registro degli indagati per omicidio colposo il pubblico ministero dovrebbe idealmente iscrivere anche tutti coloro che restano in silenzio senza alcuna ragione. Perché la vita di Gianfranco e Giuseppe merita urla di dolore e non certo labbra serrate come continua ad accadere da queste parti.