SQUINZANO – Pensare che a pagare il prezzo di un incidente stradale sia soltanto la persona che ne resta fisicamente compromessa è riduttivo e sbagliato.
È il principio stabilito dalla Corte di Cassazione che, con apposita ordinanza, si è espressa su un caso salentino per il quale era stato presentato ricorso ai Giudici della Suprema Corte.
Un passo indietro.
Nel febbraio del 2012 una donna di Squinzano, all’epoca 30enne, fu coinvolta in un gravissimo incidente stradale sulla Brindisi-Lecce. Rimase allettata per un anno per le profonde lesioni riportate. Ancora oggi le resta un danno biologico importante.
All’epoca dei fatti, per starle vicino, il marito perse il lavoro. Le figlie, di 6 e 12 anni, si rimboccarono le maniche per aiutarla quotidianamente, anche nelle faccende domestiche.
Per il risarcimento dei danno subito la famiglia, assistita dall’avvocato Mino Miccoli, bussò alle porte del tribunale di Lecce. In primo grado alla vittima fu riconosciuta l’invalidità, ai familiari nulla. Decisione, questa, confermata anche in Appello a seguito di impugnazione.
Da qui la scelta di rivolgersi alla Corte di Cassazione che oggi rimescola le carte in tavola, riconoscendo il danno non patrimoniale subito anche dai familiari della donna.
Nei prossimi giorni dunque la Corte d’Appello di Lecce, in composizione diversa rispetto a quella che aveva già giudicato negli anni scorsi i fatti, dovrà calcolare in un altro giudizio questo nuovo tipo di danno, sulla base delle tabelle del Tribunale di Roma.
Un principio di diritto che apre una nuova stagione sulla valutazione dei danni e delle conseguenze, anche morali, derivanti da un grave incidente, quelle “invisibili” ma più profonde che coinvolgono una famiglia intera.