
LECCE -Potrebbe far luce anche sulla morte di Luigi Gudadiello, freddato a giugno a Squinzano in strada, l’indagine antimafia confluita lunedì in 37 arresti in provincia di Lecce per armi e droga. Il nome del 42enne, ammazzato a colpi di pistola davanti a moglie e figlioletto, spunta nelle carte dell’inchiesta. Le intercettazioni che lo tirano in ballo risalgono al 2021. Guadadiello dialoga con Nocera, ritenuto leader carismatico del sodalizio sgominato. Il tema del confronto è uno ed uno solo: il mantenimento economico dei sodali ristretti in carcere. Guadadiello è tranquillo di aver ottemperato sempre ai suoi doveri e di continuare a farlo: lo dice chiaramente quando Nocera insiste sui soldi da “versare” in favore della famiglia di Pasquale Briganti (detto Maurizio) a capo dell’omonimo clan. “A Maurizio – replica Guadadiello – non ti preoccupare, glielo faccio io il pensiero”.
A chi la vittima fosse vicina è dunque chiaro. Così come, in una precedente operazione nel Brindisino che nel luglio scorso ha sgominato il clan Lamendola-Cantanna, è emerso da chi il 42enne squinzanese fosse, invece, temuto.
Per il sodalizio capeggiato da Gianluca Lamendola (nipote dell’ergastolano Carlo Cantanna) i “cani sciolti” dovevano essere sorvegliati a vista e, laddove necessario, puniti in modo esemplare.
Era emerso questo nelle carte di quell’inchiesta, confluìta in 22 arresti in tutta la Puglia, e dalle quali è emersa la diffidenza di Lamendola proprio nei confronti di Guadadiello.
In un episodio in particolare la moglie di un sodale del clan ristretto in carcere, parlando con il boss si dice preoccupata per il suo sostentamento e propone di rivolgersi ai Guadadiello. “Ma Lamendola la fermò – si legge nelle carte dell’inchiesta – dicendole di dimenticare i due fratelli, perché da quel momento avrebbe dovuto fare affidamento solo su di lui”.
E allora cosa c’è dietro alla morte di Luigi Guadadiello: una faccenda personale o uno scontro tra clan?
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