LECCE – Il fatto risale al dicembre dello scorso anno. Un incidente a Squinzano nel quale vennero coinvolte due autovetture. Alla guida di un mezzo un giovane di 23 anni originario di Carmiano, rimasto gravemente ferito a causa del forte impatto, trovato positivo ai cannabinoidi dopo l’intervento dei carabinieri. Risultato? Sospensione della patente per 18 mesi e multa salata. Ma quasi un anno dopo ecco la sorpresa: il giudice ha dichiarato illegittimo il provvedimento e ha restituito la patente al conducente.
Non vi è nessuna prova che il ragazzo fosse drogato al momento dell’incidente. A questa conclusione sono giunti prima il giudice di pace e successivamente il gip del Tribunale di Lecce. Il primo, Cosimo Rochira, nel marzo scorso sposò la tesi difensiva degli avvocati Giovanni Ianne e Daniele Montinaro rilevando come l’accertamento fosse nullo in quanto il presunto colpevole al primo esame diagnostico appena giunto in ospedale risultava essere vigile e collaborante. La contestazione mossa non era quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di “chi guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione”.
Secondo quanto accertato i test somministrati non permettevano di stabilire il fattore temporale dell’assunzione in quanto “la positività dell’analisi alle sostanze stupefacenti fornisce piena prova di un uso pregresso di sostanze, e non anche del mantenimento del loro effetto al momento della guida”. Impossibile, dunque, stabilire se il giovane fosse drogato allorquando si verificò l’incidente. Tesi confermata anche dal gip Capano nel luglio di quest’anno.
Soddisfazione è stata espressa dall’avvocato Ianne. “L’accertamento della prova deve essere valutato in maniera rigorosa – spiega il legale – soprattutto quando si va ad intaccare la sfera familiare e sociale di un individuo. Con i test effettuati non era possibile riuscire a stabilire il tempo di assunzione della sostanza stupefacente e dimostrare, dunque, che il giovane si sia messo alla guida della sua auto in stato di alterazione psicofisica”. La sentenza non è stata impugnata.