
LECCE – Per gli inquirenti non è evidentemente un caso chiuso quello sulla morte del medico leccese Lucio Petronio, scomparso sul Pollino durante un’escursione e trovato cadavere in un torrente non lontano dal centro abitato di San Severino Lucano. Nelle scorse ore i carabinieri hanno apposto i sigilli all’ingresso della sua abitazione a Lecce, eseguendo un sequestro penale finalizzato ad ulteriori approfondimenti, disposto dai militari del Comando di Senise a cui sono affidate le indagini.
La scoperta del tragico epilogo è arrivata martedì, dopo giorni di ricerche messe in moto dall’allarme lanciato dal figlio del 70enne che durante l’escursione era in sua compagnia, salvo poi averlo perso di vista, così come lui stesso ha riferito tornando a valle da solo per chiedere aiuto.
Da venerdì 6 ottobre, giorno della scomparsa, la macchina delle ricerche non si è fermata mai: carabinieri, soccorso alpino, vigili del fuoco e carabinieri forestali hanno lavorato senza sosta, anche con l’impiego di unità cinofile. Il ritrovamento del telefono nei giorni precedenti non lontano da Serra Crispo e poi il finale più brutto: l’avvistamento del corpo senza vita. Nessuna traccia, però, dello zaino che il medico aveva con sé e che pure è oggetto di indagine.
Petronio, pischiatra 70enne in pensione ed ex dirigente del Dipartimento di salute mentale dell’Asl di Lecce, è stato trovato in acqua, in un torrente nei pressi delle sorgenti del Frido.Il noto medico conosceva bene quei luoghi e sapeva come muoversi: era amante dello sport e dell’avventura, grande appassionato di montagna. Per questo aveva pianificato con il figlio qualche giorno di vacanza.
Per effettuare l’autopsia è stato aperto un fascicolo di inchiesta a carico di ignoti. Stando a quanto emerso dall’ispezione cadaverica, effettuata nelle scorse ore, sul corpo non sono emersi segni di traumi o violenza. L’ipotesi al momento più accreditata è quella della morte per annegamento.
L’uomo potrebbe aver accusato un malore oppure potrebbe essere caduto in acqua. Insomma ci sono ancora troppi interrogativi aperti. Motivo per il quale gli inquirenti sono ancora al lavoro, anche nell’abitazione leccese del professionista.
E.FIO
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