Patti chiari e amicizia lunga, con politica e imprenditori: così cresce la mafia degli affari

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PUGLIA – “Clan e sodalizi, tra loro in altalenanti rapporti di conflittualità ed alleanza, proseguono il loro percorso in ascesa verso l’acquisizione di forme imprenditoriali sempre più complesse e strutturate”: siamo di fronte ad una “mafia degli affari”.

È la fotografia scattata dalla nuova relazione a cura della Direzione Investigativa Antimafia relativa al secondo semestre 2022.

Un fenomeno, quello della crescente infiltrazione della criminalità nella gestione della cosa pubblica, che interessa tutta la Puglia ed “è percepibile – si legge – anche nel territorio leccese”.

“Le consorterie mafiose attive nel comprensorio leccese – scrivono gli inquirenti- sembrerebbero evolvere verso più raffinate strategie criminali che lascerebbero presupporre un graduale processo di infiltrazione nel tessuto economico”.

“Gli accordi che vengono ricercati e instaurati con i mercati legali – grazie anche a rapporti con imprenditori e professionisti compiacenti e funzionari infedeli – indurrebbero i sodalizi a trascurare il tradizionale “metodo mafioso”, caratterizzato da azioni violente e guerre fratricide”. Tradotto: agguati e atti incendiari cedono gradualmente in passo alle strette di mano con le persone “giuste”.

A supporto della tesi nella relazione si cita l’operazione “Insidia” del febbraio 2022, che ha messo in luce l’egemonia del clan Coluccia nell’hinterland di Galatina ed è confluita nello scioglimento del Comune di Neviano per presunti condizionamenti mafiosi.

Si fa riferimento anche all’inchiesta “Hydruntiade” condotta su Otranto, che si è conclusa nel settembre 2022 e che “seppur in assenza di collegamenti mafiosi – si legge – ha consentito di delineare l’esistenza di una struttura organizzata ed egemonica sul territorio, formata da funzionari pubblici infedeli, ritenuti artefici di un sistema di natura corruttiva, nonché da imprenditori locali in grado di garantire un vasto bacino elettorale in cambio di vantaggi economici”. Il tutto avrebbe messo il luce un modus operandi finalizzato alla gestione personalistica del potere pubblico tramite rapporti corruttivi politico-imprenditoriali.

Per ciò che riguarda i clan consolidati, intoccata l’egemonia dei gruppi Pepe e Briganti, Penza, Tornese (che gradualmente si è esteso anche nel Gallipolino, un tempo controllato dal clan Padovano). Nel nord Salento leccese confermata l’egemonia dei clan Scu De Tommasi e Pellegrino, sebbene il gruppo Pepe in quest’area sembrerebbe aver conquistato nuove piazze di spaccio.

A tal proposito il mercato degli stupefacenti si conferma quello più remunerativo, nonché core business per la criminalità organizzata, grazie anche al consolidato rapporto di scambio con le consorterie della vicina Albania.

Un passaggio della relazione, infine, è dedicato agli attentati incendiari, in aumento in particolare nel basso Salento leccese, con gli imprenditori sempre più spesso nel mirino. “Tuttavia – si legge sempre nella relazione – non risultano presentate denunce avente carattere estorsivo”, anche quando la matrice dolosa è stata evidente ed accertata.

E.FIO

 

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