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Arresti clan Scu, i dettagli: il boss temeva Guadadiello

BRINDISI – SQUINZANO – Nella strenua e sanguinaria lotta per l’egemonia negli affari legati a droga e armi, il clan sgominato nelle scorse ore dai carabinieri e capeggiato da Gianluca Lamendola (nipote dell’ergastolano Carlo Cantanna) era solito guardarsi sempre le spalle: quel primato, che via via si faceva strada in tutto il Salento, doveva essere salvaguardato a tutti i costi. Tradotto: i “cani sciolti” dovevano essere sorvegliati a vista e, laddove necessario, puniti in modo esemplare.

Emerge tutto questo nelle carte dell’inchiesta confluita all’alba di martedì in 22 arresti in tutta la Puglia di altrettanti soggetti ritenuti riconducibili al clan Scu con base operativa nel Brindisino ma con i tentacoli estesi su tutta la regione.

Farsi spazio con intimidazioni, estorsioni, agguati e sequestri di persona: era questo – secondo la DDA di Lecce che ha coordinato le indagini – il modus operandi dell’associazione criminale sgominata. E tra i nomi temuti da Lamendola, ritenuto capo clan, spunta quello di Luigi Guadadiello, 42enne squinzanese freddato a colpi di pistola davanti all’ingresso della sua abitazione il 13 giugno scorso, davanti agli occhi di moglie e figlio.

Due, in particolare, le circostanze che – secondo gli inquirenti – evidenziano lo scetticismo di Lamendola nei confronti di Guadadiello. In un caso un uomo vicino a Lamendola porta a quest’ultimo i saluti del 42enne squinzanese. “Questi saluti – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – destarono allarme in Cosimo Lamendola, che riteneva i due fratelli Guadadiello un pericolo per il loro gruppo”.

In un secondo episodio una donna, moglie di un sodale del clan ristretto in carcere, si dice invece preoccupata per il suo sostentamento e propone di rivolgersi ai due fratelli.

“Ma Lamendola la fermò – si legge ancora nelle carte dell’inchiesta – dicendole di dimenticare i due fratelli, perché da quel momento avrebbe dovuto fare affidamento solo su di lui”.

Non si può dunque escludere che Guadadiello abbia pagato il prezzo del suo essere ritenuto ostacolante e pericoloso per le mire espansionistiche del clan.

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