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Classifica delle imprese più “responsabili” in Italia, Puglia in fondo

PUGLIA – Fare imprenditoria socialmente responsabile, secondo l’Unione europea significa soddisfare le esigenze del cliente e saper gestire allo stesso tempo le aspettative di altri stakeholders, come ad esempio il personale, i fornitori e la comunità locale di riferimento.

In questo la Puglia registra un amaro primato: è quart’ultima nella classifica nazionale stilata dalla società di servizi energetici EnergRed che per conto dell’ International Center for Social Research ha sondato il livello di propensione all’imprenditoria socialmente responsabile nelle diverse regioni d’Italia. Sul podio ci sono: Lombardia (50,4%), Trentino-Alto Adige (48,5%) e Friuli Venezia Giulia (46,2%). A restare indietro, invece, sono: Puglia (32,4%), Campania (29,4%), Abruzzo (28,7%) e Calabria (28,2%).

Un altro dato, diramato nelle stesse ore, lancia un allarme parallelo riguardante sempre le piccole e medie imprese.

Nel focus territoriale Mezzogiorno-Puglia del Rapporto Regionale PMI 2022 – realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Unicredit – è emerso come la tendenza in atto sia un aumento dei divari tra il Mezzogiorno e resto del Paese, cui sembra aggiungersi una nuova divergenza tra l’Italia e il resto d’Europa.
In questo scenario il settore produttivo delle Piccole e medie imprese mostra una resilienza importante, fotografando come nel 2022 il trend di crescita del fatturato sia pienamente confermato in tutto il Mezzogiorno.

I fatturati reali, al netto dell’inflazione, crescono del 2,4% a livello nazionale e del 2,1% nel Mezzogiorno e in Puglia.

Ma ecco svelata l’altra faccia della medaglia.

L’analisi della demografia di impresa fa registrare, invece, un peggioramento del clima di business e una sorta di inversione di tendenza rispetto alla stabilizzazione osservata negli ultimi anni. In particolare, i tassi di natalità delle imprese nel 2022 risultano in flessione del 10,6% rispetto al 2021 (-10 mila nuove imprese in meno). A livello territoriale il Mezzogiorno risulta l’area geografica più colpita, con la Puglia che ha perso il 13,7% delle imprese.

A ciò si aggiunga che tra il 2023 e il 2027 – lo dice un recente studio – il mercato del lavoro pugliese e salentino sarà alle prese con 140mila pensionamenti. Personale che bisognerà sostituire, con l’imprenditoria che fatica, già da tempo, a reperirlo.

Un tessuto economico tra luci e ombre, dunque, con il “match 2022” che si conclude con Mr Hyde 1- Dr Jekyll 0.

Da tempo, ormai, gli imprenditori – problema generale, non solo pugliese – denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro personale altamente qualificato e figure professionali di basso profilo. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del disallineamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, per le seconde, invece, sono opportunità di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono “coperti” dagli stranieri. 

Il quadro

Il quadro già delineato da diversi report e proiezioni è ulteriormente confermato dalla Cgia di Mestre che ha analizzato ed elaborato i dati del sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal. In generale, da oggi al 2027, il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti di cui 2,7 milioni (pari al 71,7 per cento del totale) dovranno sostituire i pensionati e oltre un milione di nuovi ingressi (il 28,3 per cento del totale) è previsto in base alla crescita economica. L’analisi si concentra poi sulle filiere produttive ed economiche più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione. Un fenomeno che in Puglia vede per esempio il boom delle richieste di pensionamento del mondo della scuola.

Si registra infatti un record storico di richieste per pensionamento: a dicembre 2022 le istanze per tutto il personale scolastico in Puglia avevano raggiunto il numero ragguardevole di 1.145 unità in Puglia. In questo ulteriore lasso di tempo, si stima se ne siano aggiunte altrettante raddoppiando quindi le richieste e raggiungendo la soglia di circa 2.400 domande, una vera e propria fuga. Ma anche altri settori sono scoperti nella nostra Regione, a partire dal turismo: diversi imprenditori sono alla disperata ricerca di personale qualificato e non. Come spiega Assoturismo, i profili necessari sono per il 2,6% di professioni con elevata specializzazione, l’81,5% professioni qualificate, l’1,3% di addetti specializzati e il 14,6% di professioni non qualificate. Ma sono proprio queste ultime figure quelle di più difficile reperimento, in particolare facchini, camerieri semplici, lavapiatti e addetti alle pulizie.
In termini assoluti, secondo la Cgia, la fuga a livello nazionale riguarderà soprattutto i settori salute (331.500 addetti), attività immobiliari, noleggio/leasing, vigilanza/investigazione, gli altri servizi pubblici e privati (pulizia, giardinaggio e pubblica amministrazione che non include la sanità, l’assistenza sociale e l’istruzione) (419.800) e, in particolar modo, il commercio e il turismo (484.500). «Se misuriamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale – conclude Cgia – i settori che entro i prossimi 5 anni si troveranno maggiormente in “difficoltà” saranno la moda, l’agroalimentare e, in particolar modo, il legno-arredo». Insomma, comparti del nostro made in Italy – e anche del made in Puglia – rischiano di non poter più contare su una quota importante di maestranze di qualità e di elevata esperienza.

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