Ragazzina si uccise a 16 anni, la mamma grida giustizia

calema b

LECCE – Le daremo un nome di fantasia, la chiameremo “Anna”, perché la sua mamma vuole tutelarne il più possibile il ricordo tenendolo al riparo nel cuore di chi l’ha amata.
A giugno 2019, in una stanza di una struttura protetta e di riabilitazione, una ragazzina di 16 anni si tolse la vita. Anna era di Lecce, la struttura si trovava nel Barese. Per la sua famiglia, quello che le causò il malessere e la depressione che la portarono al gesto estremo di impiccarsi, fu un fatto avvenuto quasi due anni prima: un rapporto intimo consumato col fidanzatino di allora e con un amico di lui; rapporto che fu ripreso con lo smartphone e poi diffuso dai due ragazzi, che lo fecero vedere agli amici. Da quel momento, si aprì il baratro in cui Anna precipitò.
Fu etichettata da molti come una poco di buono e insultata, tanto che dovette cambiare scuola. Iniziò ad autolesionarsi e a vestirsi con abiti di due taglie più grandi e maschili. Voleva nascondersi, sparire.
I filoni d’inchiesta che si sono aperti sono due: per la diffusione del video, ai due ragazzi il giudice del Tribunale per i minorenni concesse la messa alla prova per un anno e mezzo, periodo nel quale hanno svolto attività di volontariato.
L’altro filone riguarda il procedimento aperto -in queste ore si è andati in aula nel tribunale di Trani- per le eventuali negligenze della struttura, i cui responsabili sono indagati per omicidio colposo. La ragazza si tolse la vita utilizzando la cintura, che non le fu tolta, e avrebbe provato più volte la tragica sequenza che la portò alla morte senza che nessuno se ne accorgesse. La sua mamma chiede, anzi grida giustizia.

 

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