
LECCE – Non sono bastate tutte le misure finalizzate a mitigare l’impatto del “caro energia”con l’obiettivo di attenuare la spesa energetica di famiglie ed imprese. A pagarne le conseguenze, nel leccese, sono state il 4,8 per cento delle imprese manifatturiere. Sono, infatti, “scomparse” 256 imprese nel settore manifatturiero in provincia di Lecce: da 5.334 attività manifatturiere (dato al 28 febbraio 2022) ora se ne contano 5.078».
La conferma è nei numeri contenuti nel nuovo studio condotto dall’Osservatorio Economico Aforisma .”Non sono bastati i crediti d’imposta, i bonus, le riduzioni delle accise, degli oneri di sistema e le altre agevolazioni – commenta il data analyst Davide Stasi –
Il manifatturiero è in agonia i rincari dei prezzi energetici e delle altre materie prime hanno accresciuto troppo i costi a tal punto da portare alla chiusura di molte aziende e di mettere a rischio la sopravvivenza di tante altre. Le spese per i fabbisogni energetici, in particolare, sono state insostenibili. Molti imprenditori locali si trovano davanti a un bivio: proseguire l’attività, indebitandosi, oppure sospenderla, rimanendo in attesa di tempi migliori per ripartire o chiudere definitivamente. Ancor prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il manifatturiero pugliese arretrava, registrando un’emorragia di imprese industriali ed artigianali tale da temere una vera e propria desertificazione del tessuto economico. Il settore della trasformazione che è quello più energivoro è messo alle corde dall’impennata dei costi. Il costante incremento dell’inflazione sta comprimendo la capacità di spesa delle famiglie, riducendone i consumi e taglia anche i margini di ricavo delle imprese, soprattutto di quelle energivore ovvero quelle aziende che necessitano di grandi quantità di energia elettrica o di gas per portare avanti le proprie attività.
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