
TRICASE – “Sono anni che evidenziamo i disagi vissuti da tutti noi che lavoriamo nel “Panico”: siamo inseriti a pieno titolo nell’espletamento di un servizio di sanità pubblica ma di fatto non godiamo della medesima considerazione riservata ai colleghi di altri ospedali: dall’avanzamento nella progressione di fascia al riconoscimento dei premi di produttività”. I sindacati confederali della funzione pubblica rivendicano il ruolo degli Enti ecclesiastici che operano nell’ambito della sanità regionale, seppure questi vivano un momento di forte criticità.
“Le difficoltà incontrate dall’ospedale “Panico” di Tricase -scrivono- si inquadrano in un contesto economico, politico e normativo molto ostico, in cui regnano le differenze nonostante l’attività sanitaria sia la medesima.
L’inflazione, in particolare l’esorbitante aumento di costi relativi all’energia, e la difficile congiuntura economica stanno mettendo a dura prova la resistenza di questo pezzo di sanità, che opera a pieno titolo nel sistema regionale.
Così la Regione, che pure è intervenuta per salvare gli ospedali pubblici pugliesi, può dichiarare di avere le mani legate di fronte all’ipotesi di salvare economicamente i tre ospedali ecclesiastici di Tricase, Acquaviva delle Fonti e San Giovanni Rotondo (nonostante giochino un ruolo fondamentale nell’ambito del sistema sanitario regionale), demandando la questione alla Conferenza Stato-Regioni e poi al Ministero. Un quadro così nebuloso da permettere ad esempio al presidente della Regione, Michele Emiliano, di fare promesse vane: come la corresponsione anche al personale degli Enti ecclesiastici dell’indennità Covid. Una premialità percepita dai nostri colleghi della sanità pubblica, ma a noi negata: dopo due anni, non c’è traccia di quelle parole in verbali ed atti scritti, ma solo nei nostri ricordi e nei video che abbiamo girato all’epoca con i nostri cellulari. Tutte questioni legate al mancato aggiornamento dei tetti di spesa dei suddetti enti ecclesiastici”. I sindacati, però, tengono a sottolineare di aver ottenuto impegni importanti. Per questo si scagliano contro la Cisl provinciale che avrebbe rinnegato “quanto ha sottoscritto in tutti i verbali della delegazione trattante e al contempo sconfessato gli accordi verbalizzati da tutte le sigle Sindacali. Non può apparire scontato l’accordo per il versamento, in una sola tranche nella prossima busta paga, degli arretrati relativi agli aumenti contrattuali maturati nell’ultimo semestre del 2022. Restano ancora da pagare larga parte degli arretrati, è vero: per questa ragione è in programma nei prossimi giorni una nuova riunione della delegazione trattante per concordare modalità e tempi di erogazione per la parte rimanente. Lanciandosi in una fuga in avanti, il sindacato che brandisce l’arma dello sciopero rischia di compromettere il lavoro faticoso compiuto per garantire i diritti di lavoratrici e lavoratori del “Panico”, ottenendo il miglior risultato possibile date le condizioni di contesto”.
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