“Male Parole” è l’ultimo lavoro di Giuseppe Tortora, napoletano trapiantato a Roma, autore di Porta a Porta ma soprattutto poeta. Si tratta di una raccolta di poesie che termina con un omaggio d’amore al Pibe de Doro, alla statua in bronzo donata dall’artista Sepe alla città di Napoli e ora riposta in un magazzino. Un lavoro che vede il coinvolgimento di diversi muse ispiratrici: Eliot e Penna, Gozzano e Magrelli, Barthes e Machado, Brodskij e Alda Merini. E poi Cioran, Fortini, Gatto, Pessoa, Rilke, Canetti, Evtuscenko, Gozzano.
«La loro presenza nel mio libro -spiega- è come una sorta di testo parallelo perché mi ispiro a loro, sono i miei maestri». Tortora ha iniziato a scrivere giovanissimo, dopo la laurea in scienze politiche, prima per la radio, poi per la tv. Poeta e autore tv, ma anche ricercatore con “L’Istituto italiano studi filosofici”.
Ma dopo una lunga carriera, ecco che risorge in lui l’ispirazione poetica: « I sessant’anni per me sono stati come una linea d’ombra. All’improvviso i versi tornavano a chiedere un loro spazio e tutto è ripreso a ruotare intorno alla poesia». Un po’ Pulcinella un po’ Eduardo, Tortora verseggia con ironia sul reddito di cittadinanza, ma tra le righe si avverte la solitudine di un napoletano a Roma, il suo disincanto e il rimbrotto verso quei napoletani “di professione” che buttano tutto in farsa. Non ha altri libri in ponte, «sono contento così – ammette – quello che desideravo si è avverato».