LECCE – Una persona in carcere, sei agli arresti domiciliari e una misura interdittiva per una maxi truffa con falsi acquisti di oro estero. I Finanzieri del Comando Provinciale di Lecce, con il supporto tecnico del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, hanno eseguito le misure cautelari personali e reali e disposto sequestri per 133 milioni di euro. Gli indagati figurano nelle vesti di promotori, organizzatori, amministratori, prestanome e liberi professionisti di una fitta rete di società “cartiere”, cioè usate solo per produrre documenti contabili di copertura, italiane ed estere, e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro.
Associazione per delinquere, emissione e/o utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta sono i reati ipotizzati. L’attività riguarda principalmente un “operatore professionale” del commercio di “oro, metalli preziosi e oro da investimento”, iscritto nell’apposito elenco della Banca d’Italia, con attività avente sede nel Salento, il quale si presume fosse al centro della rete di società. Nei confronti delle società di capitali coinvolte e delle persone fisiche con ruoli di responsabilità all’interno di esse, il Gip ha anche disposto il sequestro preventivo – anche nella forma dell’equivalente – di valori e risorse finanziarie per oltre 133 milioni di € quale profitto dei diversi reati contestati, oltre che di 3 fabbricati per uso commerciale e artigianale e un intero ramo d’azienda, del valore di circa 1.400.000,00 € in relazione ai reati fallimentari contestati.
Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Lecce nei confronti dell’ “operatore professionale” avrebbero svelato il complesso sistema di frode fiscale, esteso a Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Gran Bretagna, Albania, Australia e Svizzera.
Secondo le fiamme gialle, i titolari della società salentina, attraverso una articolata rete di “prestanome”, avrebbero utilizzato diverse società “cartiere” all’estero verso le quali sarebbero state inviate ingenti somme di denaro giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti di acquisto di partite di oro. Queste ingenti somme -si è calcolato che in un solo triennio sarebbero stati ritirati in contanti oltre € 120 milioni di euro- venivano immediatamente ritirate e reintrodotte sul territorio nazionale e in parte venivano utilizzate per ulteriori transazioni finanziarie “estero su estero”. In questo modo si cercava di far perdere ogni tracciabilità.
E, per impedire all’Erario di incassare le imposte non pagate, con una serie di atti dispositivi, la società veniva fatta fallire, trasferendone i patrimoni ad un’altra società, la cui sede sarebbe stata trasferita fittiziamente in Bulgaria. Tutto è stato smascherato grazie all’operazione condotta da 100 finanzieri in tutta Italia.