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Omicidio al bancomat, Caramuscio colpito anche al viso mentre era esanime

LEQUILE- I figli della vittima, presenti anche stavolta in aula, in lacrime hanno dovuto ascoltare che le persone che hanno ucciso a bruciapelo il loro padre, lo hanno poi anche colpito in viso, mentre lui era esanime per terra.

Nuova udienza a Lecce, davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Pietro Baffa, per l’omicidio di Giovanni Caramuscio, bancario 69enne in pensione di Monteroni, ammazzato per una tentata rapina la sera del 16 luglio a Lequile, davanti a uno sportello bancomat, sotto gli occhi della moglie. È stato ascoltato il medico legale Alberto Tortorella, che ha confermato quanto si vede nelle immagini delle telecamere di sicurezza della banca in via San Pietro in Lama dove è avvenuto l’omicidio: i due rapinatori, dopo che uno di loro ha sparato tre colpi all’indirizzo della vittima, l’hanno colpita in viso. Per capire se fosse morto? Non si sa. Certo è che il medico ha evidenziato, nel suo esame del corpo delle, delle contusioni in pieno volto.

Ascoltato anche un giovanissimo testimone, il ragazzo minorenne che quella drammatica sera disse ai carabinieri di aver visto passare un uomo a piedi, con un sacchetto in mano, e di averlo poi visto tornare indietro a mani vuote.

Sarebbe stato, secondo l’accusa, Paulin Mecaj, 31enne albanese imputato con l’amico Andrea Capone, 28enne di Lequile. In un pozzo poco lontano, seguendo le indicazioni del testimone, gli investigatori trovarono un sacchetto con la felpa indossata dall’assassino. Mecaj avrebbe sparato, dopo che Caramuscio sferrò un pugno al complice. Nella prossima udienza, fissata per il 9 giugno, l’avvocato Stefano Pati, legale della famiglia della vittima, ha chiesto di ascoltare i due imputati.

 

 

 

 

 

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