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Droga, armi, estorsioni: “Game over” per il clan

LECCE -Dal carcere, avrebbe continuato non solo a gestire gli affari del clan, ma anche ad allargarlo con l’annessione di nuovi sodali attraverso i classici rituali di affiliazione tipici delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, e innalzando di grado affiliati già appartenenti alla Sacra Corona Unita. Con l’oprazione “Game over”, la Polizia dichiara chiusa la partita per il clan di cui ritiene capo Pasquale -detto Maurizio- Briganti, che avrebbe, appunto, continuato a muovere i fili dell’organizzazione criminale operante a Lecce e provincia, nonostante fosse detenuto in un carcere del centro Italia. Lo avrebbe fatto attraverso familiari e affiliati fidati.

All’alba, la Squadra Mobile di Lecce, con l’ausilio di pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine “Puglia Meridionale” di Lecce – “Puglia Centrale” di Bari – “Campania” di Napoli, di Unità Cinofile di stanza a Bari e del 9° Reparto Volo della Polizia di Stato di Bari, dopo una lunga indagine coordinata dalla DDA della Procura della Repubblica di Lecce, ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 17 persone, indagate a vario titolo per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico e alla commercializzazione di sostanze stupefacenti, estorsione e violazione della legge sulle armi.

Le indagini, avviate nell’estate del 2019, hanno riguardato il gruppo conosciuto come “clan Briganti” la cui “mafiosità” -dicono gli investigatori- è stata ampiamente riconosciuta con sentenze passate in giudicato.

Sono stati documentati episodi ritenuti di imposizione e riscossione di somme di denaro necessarie per il sostentamento degli affiliati in carcere, tra cui appunto il capo, nonché azioni punitive nei confronti di chi non osservava le regole o di chi, acquirente, pusher o spacciatore, non pagasse per tempo l’importo della droga acquistata.

E ancora: estorsione in danno di attività ambulanti e commerciali e traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacenti. Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto, prevalentemente in territorio albanese, dell’importazione, dello stoccaggio e della suddivisione, prima della consegna finale ai vari pusher.

Le investigazioni hanno permesso di ipotizzare la costante disponibilità di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, da immettere sulle piazze di spaccio, cittadine e della provincia, oltre che di una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica. Nel corso dell’attività sono stati sequestrati, in un luogo luno a strada che da Lecce porta alla marina di San Cataldo, fucili mitragliatori di assalto sovietici, tra cui AK47 Kalashnikov e modello M.70 Zavasta, oltre a numerose pistole calibro 45, calibro 38 special e relativo munizionamento.

Per l’acquisto delle armi, il gruppo criminale avrebbe avuto come referente un soggetto italiano di origini montenegrine, ritenuto il collante tra il clan e i trafficanti di armi residenti presso il Campo sosta Panareo.

Sono state contestate, infine, numerose estorsioni, che sarebbero state attuate anche con la minaccia di far ricorso all’uso delle armi, avvenute in danno di ambulanti in occasione di partite del Lecce, eventi musicali e sagre, oltre alla gestione dei parcheggi abusivi durante lo svolgimento di spettacoli ed eventi sportivi. Ma anche la festa di Sant’Oronzo sarebbe stata occasione per estorcere denaro ad alcuni commercianti e ambulanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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