SPECCHIA GALLONE (MINERVINO) – Le parole del giudice Pietro Baffa rimbombano in un’aula bunker semi deserta, in cui anche l’imputato è assente.
Ergastolo, un anno di isolamento diurno, interdizione perpetua dai pubblici uffici e la condanna a risarcire le parti civili, tra cui la famiglia di Sonia. Si chiude con questa sentenza, in Corte d’Assise, il processo – con giudizio immediato – a carico di Salvatore Carfora, 39enne napoletano reo confesso dell’omicidio di Sonia Maggio, in strada a Specchia Gallone, frazione di Minervino di Lecce. La 29enne, originaria di Rimini, si era trasferita nel basso Salento per convivere con il nuovo compagno. L’episodio di sangue si è consumato il primo febbraio dello scorso anno. Il motivo: Carfora, ex fidanzato di Sonia, non aveva mai accettato la fine della loro relazione. “Sono andato a Minervino per dirle di tornare con me a Napoli – ha dichiarato in una precedente udienza – mi ha rifiutato, ha detto che era troppo tardi e, a quel punto, ho perso la testa”.
A dare lettura della sentenza, nel primo pomeriggio, il giudice Baffa, che presiede la Corte. A rompere l’attesa e il silenzio, la lettura di “una condanna esemplare, che farà scuola anche in materia di stalking” ha commentato l’avvocato Vincenzo Blandolino, difensore della famiglia di Sonia.
Dall’altra parte l’avvocato di Carfora, Cristiano Solinas, annuncia già l’appello contro la decisione.
Per quelle 31 coltellate inferte alla ex, il 39enne di Torre Annunziata è stato condannato con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione, “essendosi appositamente recato da Napoli (dove risiedeva) a Minervino di Lecce, armato di un coltello, allo scopo di cagionare la morte di Sonia Di Maggio”. La Procura ha contestato anche l’aggravante dei futili motivi, “per un abnorme stimolo possessivo nei confronti della vittima – si legge ancora nelle carte – che era stata legata a lui in una relazione sentimentale ormai interrotta”. C’è poi anche l’accusa di stalking verso Sonia ed il nuovo compagno, al quale indirizzava messaggi telefonici del tipo: “Meglio che rinunci a Sonia, se no ti faccio fare una brutta fine…decidi bene”.
Alle 19 di quel terribile primo febbraio, la vittima e il suo attuale fidanzato erano usciti per andare a fare la spesa. Lei fu raggiunta all’improvviso alle spalle da Carfora che, armato di coltello da sub, la colpì più e più volte sotto gli occhi del nuovo compagno. Un’azione fulminea e di una violenza inaudita. Carfora poi scappò e gettò l’arma non lontano, mentre Sonia veniva soccorsa ma non respirava già più.
Le ricerche partirono immediatamente e, all’alba del giorno dopo, Carfora fu individuato a Otranto e per lui scattò il fermo. Tre giorni dopo confessò. Il sostituto procuratore Alberto Santacatterina presentò istanza di giudizio immediato, richiesta subito accolta dal gip Giulia Proto, viste le prove che gli investigatori avevano raccolto.
Il processo si è aperto il 16 settembre scorso dinnanzi alla Corte d’Assise, in un’aula del tribunale di viale De Pietro a Lecce. Nelle scorse ore è giunto alle battute finali. Un epilogo che lascia soddisfatta la famiglia della povera Sonia, se di soddisfazione – avendola persa per sempre – si può parlare.
ERICA FIORE
https://youtu.be/6DnihFZdNVI