Attualità

Un leccese su tre non cerca lavoro, sempre peggio per donne e giovani

LECCE – Un terzo dei leccesi non cerca un’occupazione. Pur essendo disponibile a lavorare, il 33,7 per cento di coloro che potrebbero mettersi all’opera getta la spugna. È un dato eclatante, soprattutto se confrontato con la media regionale, pari al 29,9 per cento, e con quella nazionale, pari al 19 per cento, da cui è notevolmente distante.

Il fenomeno della mancata partecipazione al lavoro riguarda in particolare i più giovani (15-24 anni), che quasi per il 60 per cento dei casi non hanno occupazione e non la cercano, più frequentemente di quanto non accada mediamente per i coetanei pugliesi (57,3 per cento) ed italiani (47,2). Anche le donne sono meno attive nella ricerca di un impiego, con differenze di genere particolarmente evidenti soprattutto nel confronto nazionale, rispetto al quale il tasso è meno della metà.

Sono dati che rispecchiano l’andamento del mercato del lavoro: nel Leccese gli occupati, d’altra parte, costituiscono meno della metà della popolazione in età lavorativa, il 47,2 per cento, inferiore alla media regionale (50,0) e notevolmente al di sotto del dato nazionale (62,6). Anche tale aspetto mostra elevate diseguaglianze, a svantaggio delle donne e delle nuove e generazioni.

Tra i giovani della fascia 15-29 anni, in particolare, lavorano solo 22 su 100. Quelli che non lavorano né studiano, i cosiddetti Neet, invece sono 29 su cento: è un dato allineato a quello regionale ma superiore a quello nazionale del 23,3 per cento. Per le donne, la situazione è ancora più critica, ma con differenze di genere attenuate rispetto alle realtà pugliesi e italiane.

Da qui, dunque, bisognerà ripartire.

Sono numeri riportati nel Rapporto BES 2021, che misura il benessere equo e sostenibile a livello locale, provinciale e metropolitano. Alla sua settima edizione, è stato pubblicato nei giorni scorsi e riguarda dodici regioni italiane e alcune province, tra cui Lecce, il cui scenario è ricostruito attraverso il lavoro statistico portato avanti nell’ambito del protocollo di intesa sottoscritto tra Istat, Upi, Anci e Regioni. “L’emergenza sanitaria, e la stagnazione economica che ha indotto, hanno fatto emergere nuove dimensioni del bisogno e hanno approfondito le disuguaglianze e gli squilibri, sociali e territoriali. Una sfida temibile e dall’esito non scontato”, è scritto nel rapporto, che serve come strumento mirato per accompagnare e indirizzare le decisioni e per la valutazione dei risultati delle politiche che ne deriveranno.

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