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Danni al lavoratore e responsabilità datoriali: la sentenza del Tribunale di Brindisi

BRINDISI – Per configurare la responsabilità di un datore di lavoro occorre che l’evento dannoso per il lavoratore sia collegabile ad un comportamento colposo del datore.

È quanto stabilisce una sentenza emessa dal Tribunale Brindisino, Sezione Lavoro, accogliendo le tesi dell’avvocato Daniele Montinaro. Esprimendosi in tal senso, i giudici hanno rigettato un ricorso presentato dai familiari di un lavoratore deceduto per un brutto male (un mesotelioma pleurico) . I parenti della vittima richiedevano alla Cassa Edile di Brindisi (il posto di lavoro dell’uomo) un risarcimento danni di oltre 2 milioni di euro.

I ricorrenti sostenevano infatti che il dipendente della Cassa Edile, addetto allo sportello, sarebbe stato esposto all’assunzione attraverso le vie respiratorie della polvere di amianto sprigionata in una azienda dalla lavorazione dei prodotti della stessa e veicolata dalle tute indossate dagli operai che entravano negli uffici della Cassa Edile.

 

“È una sentenza che con estrema chiarezza definisce il percorso ed i requisiti per la configurabilità della responsabilità del datore di lavoro rispetto ad un evento dannoso in pregiudizio del lavoratore -commenta l’avvocato Daniele Montinaro– In assenza di prova, sia del nesso causale che della violazione di legge, non può configurarsi alcuna responsabilità”.

 

Nelle sentenza si legge: “Per configurare una responsabilità del datore di lavoro non è sufficiente che nello svolgimento del rapporto di lavoro si sia verificato un evento dannoso in pregiudizio del lavoratore …, ma occorre che tale evento sia ricollegabile ad un comportamento colposo del datore di lavoro. In tale prospettiva, va in generale rammentato che ai sensi dell’art. 2087 c.c. la responsabilità del datore di lavoro deve essere collegata alla violazione di obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento ed incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare oltre all’esistenza di tale danno anche la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso tra l’uno e l’altro. Solo allorquando sia stata fornita la prova di tali circostanze, il datore di lavoro ha l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi. Va del pari rammentato che la riconosciuta dipendenza della malattia da una “causa di servizio” non implica necessariamente, né può far presumere, che l’evento dannoso sia derivato dalle condizioni di insicurezza dell’ambiente di lavoro essendo ben possibile che la patologia accertata debba essere collegata alla qualità intrinsecamente usurante dell’ordinaria prestazione lavorativa ed al logoramento dell’organismo del dipendente esposto ad un lavoro impegnativo per un lasso di tempo più o meno lungo. … al fine del riconoscimento della dipendenza di una determinata malattia da causa di servizio, non viene necessariamente in considerazione il comportamento, commissivo od omissivo, colposo o doloso del datore di lavoro. Al contrario la responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c. richiede un inadempimento contrattuale suscettibile di venire in considerazione, quantomeno, sotto il profilo colposo.”

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