LECCE- Pietro Fiore, 47 anni di Veglie, arrestato dalla Squadra Mobile perché ritenuto membro della banda che ha svuotato il caveau della Bnl di piazza S. Oronzo, è il primo ad essere stato interrogato dal giudice Simona Panzera, che ha firmato le ordinanze. Un interrogatorio da remoto dal carcere durante il quale Fiore, assistito dall’avvocato Francesco Tobia Caputo, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
In carcere è finito anche Luciano Romano, 44 anni residente in provincia di Latina ma di origini napoletane. Ai domiciliari Salvatore Mazzotta, 51 anni di Veglie e Marco Salvatore Zecca 46 anni di Galatina, difeso dall’avvocato David Dell’Atti. Nei prossimi giorni toccherà anche a loro essere interrogati. Sono accusati del clamoroso furto nella filiale della Bnl avvenuto l’ 11 novembre del 2018, che aveva fruttato ai banditi circa un milione di euro. L’accusa è di furto pluriaggravato in concorso. Due anni di indagini che passo dopo passo sono arrivate a stringere il cerchio attorno ai quattro arrestati. Al momento non ci sono altre persone indagate. Ad incastrare la banda alcuni indizi fondamentali, tra cui il Dna di Fiore. Nel caveau della banca, dove i ladri erano rimasti chiusi per due giorni, è stata trovata una bottiglia di plastica con dentro dell’urina dalla quale è stato estratto il Dna risultato poi perfettamente corrispondente con il profilo genetico di Fiore, già condannato per altri reati.
Dal contenuto di dialoghi telefonici captati durante le indagini gli inquirenti ritengono che gli indagati stessero organizzando un colpo ai danni di un altro istituto di credito, con ogni probabilità a Termoli. Tra l’altro, numerose sono state le trasferte proprio in questa città effettuate dal Romano nell’arco temporale compreso tra il 13 marzo 2019 al 2 maggio 2019.