LECCE – L’analisi effettuata dagli esperti medici, studiosi dell’Università dell’Aquila, epidemiologi e statistici mette in evidenza la correlazione tra la percentuale dei Casi covid, rispetto alla popolazione residente in Puglia per l’anno 2020 estratta dall’IStat, per ciascuna provincia della Regione, ad eccezione di Foggia, e i livelli medi di PM2.5 rilevati nel periodo compreso tra il 2012 ed il 2018. Questi mostrano una ottima relazione lineare positiva. In sintesi è stato rilevato come ad un più altro livello di PM2.5 corrisponda un più alto tasso di Covid. A spiegarcelo è il dott. Mauro Minelli.
“Ipotesi di base è che le esposizioni croniche al particolato atmosferico rendono il sistema respiratorio più sucettibile alle infezioni e quindi alle complicanze prodotte dal coronavirus . In particolare il pm2.5: un miscuglio di sostanze solide e liquide che derivano dalla combustione di carburanti di mezzi, raffinerie, centrali elettiche, ma anche materiali legnosi o fumo di tabacco. Maggiore è la concentrazione nel tempo di PM2.5, maggiore è la probabilità che il sistema respiratorio sia predisposto alla malattia . Un particolare recettore, Ace 2, si forma sulla superficie respiratoria, quanto più il soggetto è esposto al PM2.5. Una sorta di meccanismo di difesa che l’organismo umano produce per difendersi dall’aggressione. Una serratura attraverso la quale il Covid può entrare nell’organismo del soggetto”. Ed ecco cosa accade nella nostra regione.