BARI – Per il governatore Michele Emiliano, il suo braccio destro, Claudio Stefanazzi resta al suo posto. Perché “non emerge allo stato alcun elemento a conferma delle ipotesi accusatorie”.
“La magistratura – ha spiegato il presidente di Regione – ha il diritto/dovere di svolgere tutte le verifiche necessarie, ricordo anche in favore dell’indagato, e quindi si rimane in attesa di conoscere l’esito tutti gli accertamenti per le eventuali determinazioni di mia competenza”.
I fatti risalgono al biennio 2016-2018. Le ipotesi di reato sono truffa e abuso di ufficio. In buona sostanza l’accusa è che quei bandi finanziati dalla Regione per 1,3 milioni di euro, siano stati gestiti dalla Dinamo, società con sede a Lecce e nella quale ha lavorato la Rizzo, moglie di Stefanazzi, per un corso di formazione che, poi, sarebbe stato fatto nell’azienda Ladisa. Stefazzi sarebbe per l’accusa, dunque, il ponte di congiunzione tra tutti e amministratore di fatto della società.
La finanza nelle scorse ore ha visitato sia la sede della società Ladisa che l’azienda dove sino ad un anno fa ha lavorato la Rizzo. L’avvocato neretino ha subito respinto le accuse, spiegando che tutti i documenti del bando a sportello – quindi finanziato con la sola presentazione delle domande da parte delle aziende che hanno i requisiti – sono online, trasparenti e regolari aggiungendo di non essere mai stato amministratore di fatto della società.
Questa indagine è nata da quella già nota che coinvolge gli stessi Ladisa, Stefanazzi ma anche il governatore Emiliano e l’imprenditore Mescia sul finanziamento della campagna elettorale delle primarie del Pd del 2015.
Nessun commento, al momento, da parte delle oppisizioni e né dalla maggioranza che nelle stesse ore si è vista confermare i capi di accusa per l’ex assessore Caracciolo, indagato per una inchiesta su presunti appalti truccati nel barese.