
TARANTO – “Non si può morire per il lavoro”. Recita così lo striscione che un gruppo di cittadini, fiancheggiati dagli operai ex Ilva, in mattinata hanno deciso di esibire davanti ai cancelli dello stabilimento siderurgico. Il giorno dopo l’annuncio di ArcelorMittal di volersi disimpegnare dallo stabilimento dell’ex Ilva di Taranto, Fim, Fiom e Uil hanno organizzato un consiglio di fabbrica per decidere come affrontare la situazione di crisi. Davanti ai cancelli ci sono i dipendenti, i sindacalisti e i semplici cittadini.
Si protesta per il destino di 20mila famiglie, tra lavoratori e fornitori, che dopo il dietrofront di Arcelor è nuovamente al palo. C’è poi il nodo irrisolto dell’ambiente e della salute. Ecco perchè si chiede in primis di procedere ad una opportura bonifica e rivonversione del colosso siderurgico. E questo perchè, appunto, “non si può morire per il lavoro”.
Risale a un anno fa l’accordo siglato tra il Governo e il gruppo franco-indiano di ArcelorMittal: 2 miliardi e mezzo circa di investimenti, un miliardo dei quali per il risanamento ambientale su un bacino industriale fortemente compromesso da produzioni inquinanti nell’era Riva. Adesso però tutto torna ad essere rimesso in discussione.
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