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Xylella, il “Getsemani” salentino con 15mila semenzali e 440 innesti

BARI- Si chiama “Un Getsemani in Salento – Xylella Quick Tollerance test” una delle sperimentazioni più interessanti per ridare speranza all’olivicoltura salentina. Si stanno monitorando 15mila semenzali, cioè ulivi selvatici, e innesti fatti dapprima con 270 e ora con 440 cultivar diverse, per capire quali possano fare la differenza e reggere agli attacchi della malattia che ha colpito l’olivicoltura salentina. A portare avanti il progetto sono l’azienda Forestaforte di Giovanni Melcarne, CNR-Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (IPSP), Università di Bari (DiSSPA e DiSAAT), CRSFA «Basile Caramia».

I primi risultati sono stati presentati nelle scorse ore alla Fiera del Levante. Donato Boscia, responsabile dell’IPSP-CNR di Bari, ha annunciato che “una recente sperimentazione ha fornito dati molto incoraggianti sulla possibilità che leccino, notoriamente non autocompatibile, possa essere impollinato con buona efficacia da FS 17 (favolosa, ndr). In attesa di disporre di altre cultivar resistenti, questa sarebbe già una soluzione al problema dell’impollinazione del Leccino”, ha annunciato.

Si guarda ai semenzali, cioè le piante selvatiche: dei 15mila osservati, molti sono arrivati a frutto. Di questi, 190, che non presentano sintomi di disseccamento benché siano in zona infetta, sono stati selezionati ed analizzati; 33 semenzali risultati privi del batterio Xylella fastidiosa sono stati sottoposti a successive analisi, 23 già riprodotti e pronti per essere sottoposti ai test di patogenicità. “I risultati attesi riguardano nuove fonti di resistenza– ha concluso Boscia – nuove varietà, uniche e nate in loco da genitori autoctoni, nuovi genitori locali per attività di incrocio”.

“Il progetto – ha precisato Boscia – prevede la valutazione e l’ottimizzazione della pratica del sovrainnesto in campo, la valutazione economica delle operazioni complessive per il sovrainnesto, la messa a punto di una procedura rapida per la valutazione della sensibilità varietale in condizioni di pieno campo, la valutazione della sensibilità al batterio della biodiversità varietale, salentina, pugliese e di quella più diffusa ed utilizzata nei disciplinari di produzione delle più importanti DOP italiane e la verifica del grado di fragilità e rischio potenziale (produttivo/paesaggistico) dell’epidemia per altre aree olivicole italiane, oltre all’individuazione di ulteriori varietà resistenti al Disseccamento Rapido dell’Olivo nel germoplasma mediterraneo”.

“Praticamente – ha aggiunto Melcarne – tutte le piante di leccino coltivate nelle aree infette del Salento sono innestate su semenzali provenienti prevalentemente dalla varietà sensibile Ogliarola salentina quando tutte le piante di olivo esistenti nelle prime aree focolaio di Gallipoli e comuni limitrofi sono state esposte a fortissima pressione d’inoculo per minimo 5 anni”. “Alcuni sovrainnesti di leccino di svariati anni (> 10 anni) sopravvivono e resistono bene alla malattia seppur sovrainnestati su tronchi delle varietà sensibili locali. I tronchi evidentemente continuano a mantenere la funzionalità vascolare”, ha concluso Melcarne.

Si chiede alla Regione Puglia di definire quanto prima un “un protocollo” tecnico di utilizzo e si è già costituito il Consorzio Innesti tra Coldiretti, UNAPROL E Consorzio DOP Terre d’Otranto, ispirato ai Consorzi Anti-fillosserici nati con legge nel 1901 con lo scopo di diffondere la tecnica dell’innesto per contrastare la fillossera della viti.

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