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Assoluzione dirigente scolastica, la Corte d’Appello: “Non fu abbandono”

LECCE – “La condotta dell’imputata non risulta sussumibile al reato contestato”. Ovvero: non si configura il reato di abbandono, quello contestato a Addolorata Zingarello, dirigente scolastica dell’istituto San Domenico Savio di Lecce, condannata in primo grado a 4 mesi in abbreviato e poi assolta dalla Corte d’Appello di Lecce dopo il ricorso presentato dal suo avvocato Mario Turi del foro di Salerno.

Il fatto non sussiste secondo la Corte presieduta dal giudice Laura Liguori, che nelle scorse ore ha depositato le motivazioni della sentenza.

L’episodio risale al 23 maggio del 2016. La dirigente era finita in Tribunale perché accusata di non aver consentito ad un’alunna di 9 anni l’ingresso a scuola dopo un ritardo di qualche minuto. Sulla base di un regolamento scolastico, le aveva chiesto di uscire fuori e chiamare la madre per la firma della giustifica. Una volta in strada però l’alunna non aveva trovato nessuno perché la mamma era già andata via. Furono una vigilessa ed un finanziere a trovarla sola fuori da scuola e furono loro a riportarla in classe dove la bambina aveva poi seguito regolarmente le lezioni.

Le testimonianze delle persone presenti, scrivono i giudici, sono convergenti tra loro: la piccola, dopo essere entrata nel cortile della scuola, aveva incontrato la dirigente sulle scale esterne. Su suo invito aveva ripercorso a ritroso lo stesso cortile ed era uscita dal cancello per cercare la madre, che però era già andata via. La bimba era scoppiata a piangere, ma una vigilessa l’aveva subito riaccompagnata all’interno affidandola alla dirigente ancora sulle scale.

Secondo la Corte “a condotta di abbondono si configura quando da questo aderivi una situazione di pericolo anche potenziale, per la vita per la vita o l’incolumità del soggetto passivo. Non è quindi sufficiente il materiale distacco, ma è necessario che questo si accompagni all’esposizione di pericolo del bene protetto, anche potenziale. E’ stato accertato- scrivono i giudici- che la minore sostò sul marciapiede esterno alla scuola per un lasso di tempo brevissimo, quasi istantaneo. Era stata subito avvicinata dal vigile e riportata dentro. In questo lasso di tempo nel cortile c’erano altre persone e la bimba non era mai stata sola. Fuori c’era anche la dirigente in attesa sulle scale.

La bimba quindi non è stata sottoposta ad una reale situazione di pericolo, ma esclusivamente a un disagio provocato per la constatazione dell’assenza della madre e della conseguente difficoltà di giustificare il proprio ritardo. Va esclusa inoltre, conclude la corte, la sussistenza per l’imputata dell’elemento psicologico del reato, ossia la volontà e consapevolezza dell’esposizione a pericolo della minore: la dirigente che confìdava nella presenza della madre fuori dalla scuola sulla base di quanto dichiarato dalla bambina, era rimasta tutto il tempo sulle scale dell’istituto ad aspettare il suo ritorno”.

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