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Accoglienza migranti, tre gestori rinunciano al bando della Prefettura in polemica

LECCE- La Prefettura di Lecce pubblica il nuovo bando per l’accoglienza dei migranti, destinato a strutture con capacità ricettiva fino a un massimo di 50 posti per un fabbisogno presunto di 600 persone. Tre realtà che finora si sono occupate di questo, però, tirano il freno a mano e annunciano di voler rifiutare di far parte “di un sistema di accoglienza che sta perdendo i requisiti minimi di umanità”.

“Non siamo albergatori, non siamo guardiani”, rivendicano all’unisono Arci Lecce, Cooperativa Rinascita e Associazione Vento Nuovo. A pesare sono le nuove regole introdotte dal decreto Sicurezza, che porta la firma del ministro Matteo Salvini. Contro quello, non a caso, il coordinamento degli operatori dell’accoglienza ha manifestato più volte negli ultimi mesi a Lecce. “Con l’entrata in vigore delle nuove regole sull’accoglienza dei migranti – fanno sapere le tre realtà salentine – molti enti gestori in tutta Italia annunciano che non parteciperanno ai bandi delle Prefetture”, bandi che “si sono dovuti adeguare alle direttive ministeriali presenti nel Decreto ed escludono di fatto – lamentano – la possibilità di qualsiasi azione di inclusione e integrazione, non prevedendo risorse per l’inserimento culturale e sociale dei migranti accolti”. In questo loro ci vedono un progetto “ben preciso” da parte del governo: “non dando strumenti si cerca di isolare sempre più i migranti per farli divenire un problema sociale, abbandonandoli di fatto a loro stessi senza alcuno strumento di comunicazione con i territori, e non potranno più essere considerati una risorsa a livello economico perché si sono sempre fatti conoscere per il loro lavoro in settori nei quali non si trovano più figure professionali adeguate”.

Così, Arci Lecce, Cooperativa Rinascita e Vento Nuovo APS spiegano che “non intendono legittimare un modello per nulla al servizio delle persone accolte e soprattutto delle comunità che hanno deciso di accogliere”. Il rischio, denunciato da più parti, è la trasformazione dei centri di accoglienza in dormitori, privi di una parte dei servizi di inclusione che si sono svolti finora: assistenza sanitaria, legale e psicologica; attività multiculturali; inserimento scolastico dei minori; mediazione linguistica e interculturale; servizi per la formazione e per l’inserimento lavorativo.

Come si rimarca da mesi, lo smantellamento del sistema Sprar rischia di comportare la perdita di 600 posti di lavoro, quasi tutti di giovani laureati, nella sola provincia di Lecce, stando ai dati diffusi dai gestori delle 30 strutture sparse sul territorio. “Non dimentichiamo – ribadiscono i tre enti gestori – che tutte le risorse economiche impegnate nell’accoglienza rimangono qui: affitti, spesa alimentare e di vestiario, manutenzioni, stipendi, utenze, tutti i consumi possibili vengono spesi solo in loco producendo reddito e un giro economico importante”.

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