PRESICCE- Da Presicce alla Slovenia: lì sarebbero finiti i soldi che spettavano all’Erario, per poi rientrare in Italia in modalità schermata per essere reinvestiti nell’acquisto di appartamenti, anche nel Salento. La presunta frode fiscale avrebbe un valore di 14 milioni di euro: in manette è finito un noto imprenditore di Presicce, Cosimo Di Ratta, 44 anni, titolare della Salento Plastic che opera nel settore della produzione e commercio di imballaggi in plastica. Con lui è stato arrestato anche un ragioniere commercialista suo compaesano, il 72enne Arturo Antonazzo, e un imprenditore bresciano di 55 anni, Diego Gregorini.
La Guardia di Finanza ha dato esecuzione, in mattinata, alla misura cautelare emessa dal gip Simona Panzera su richiesta del pm Massimiliano Carducci: in carcere sono finiti loro tre, otto in tutto gli indagati. Gli altri cinque sono tutti salentini, di Presicce, Casarano e Gallipoli. Si tratta della moglie di Di Ratta e di persone che avrebbero fatto da prestanome. E’ stato disposto anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui beni di tutti i coinvolti, per un ammontare di oltre 12 milioni.
Truffa milionaria nei confronti dell’Erario: questo il quadro che emerge dalle indagini svolte. L’imprenditore avrebbe gestito il proprio business attraverso la creazione di diverse società, alcune intestate a prestanome che erano anche dei dipendenti. Dopo averle indebitate fino al collo, venivano puntualmente cedute ad altri, soprattutto soggetti di nazionalità bulgara, e così trasferite fittiziamente all’estero. Tutto ciò, stando alle accuse, al fine di ostacolare i controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria e per sottrarsi ai conseguenti obblighi tributari.
Un giro vorticoso, messo in piedi, secondo le Fiamme Gialle, per omettere “volutamente di adempiere alle obbligazioni fiscali e previdenziali sorte in capo alle società costituite”, sottraendo complessivamente ad imposizione un imponibile di oltre 30 milioni di euro per una corrispondente evasione di imposta (tra Ires ed Iva) di quasi 14 milioni di euro.
La Procura di Lecce ha anche attivato la rogatoria internazionale con la Slovenia: lì, come detto, l’imprenditore salentino aveva provveduto a trasferire i soldi. Lo avrebbe fatto mediante la complicità di un altro imprenditore di origine bresciana, che, attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e con la costituzione di società cartiere ad hoc, si sarebbe prestato a riciclare oltre 1 milione di euro proveniente dall’evasione fiscale, spostando il denaro su conti correnti di istituti di credito esteri.
Vero dominus di tutto, oltre a trait d’union tra l’imprenditore salentino e quello lombardo, sarebbe stato un consulente fiscale di Presicce. Sarebbe stato lui a rendere possibile, grazie alle sue conoscenze professionali, l’architettura dei particolari stratagemmi adottati per sottrarsi al pagamento delle imposte. Non a caso, infatti, le società intestate all’imprenditore bresciano sono risultate avere sede presso il suo studio professionale.
Vero cuore dell’operazione, però, è stata l’individuazione, da parte dei finanzieri della tenenza di Tricase, della “cassaforte di famiglia”, cosa non scontata in indagini di questo tipo. Si è appurato, infatti, che i proventi dell’evasione sarebbero stati poi reimpiegati nel settore immobiliare per l’acquisto di case, anche nel Leccese. Per schermare questo patrimonio e metterlo al riparo da possibili azioni di recupero da parte dello Stato, è stato costituito un trust con sede a Milano, ma di fatto gestito dall’imprenditore presiccese.